Per la legge 185 del 1990, l’Italia dovrebbe limitare la vendita di armi e attrezzature atte all’attività bellica solo verso nazioni conformi alla sua politica estera. Di fatto non è così. La maggior parte degli acquirenti è infatti localizzato in Medio Oriente e Nord Africa, e contava fino a poco tempo fa rinomati membri quali Emirati Arabi, Arabia Saudita e simili (le cui concessioni sugli ordigni sono state recentemente soppresse, con non poche polemiche da parte di Renzi).

L’Egitto svetta al primo posto nella classifica come maggior acquirente, seguito da Turkmenistan e svariati altri fuori da qualsiasi relazione diplomatica, fino ad arrivare alla Turchia.

Le aziende italiane deputate alla produzione non hanno l’ultima parola sulla vendita, consorzi come la Leonardo ad esempio devono sottostare alle indicazioni statali.

Sì, è il governo che decide di vendere armi alle nazioni sopraelencate, e ciò rappresenta un grosso problema a livello strategico considerando l’intelletto medio di chi prende tali decisioni, andando ad armare nazioni che ci sparano ai pescherecci o che semplicemente non rientrano nei nostri interessi di “buon vicinato”, per non parlare degli ultimi acquisti in massa, a nostro danno, di industrie del settore attuati dall’asse franco-tedesco.

Per quanto riguarda le armi mandate verso Israele, quelle a quanto pare non sono neanche commesse pagate, sono accordi, strette di mano sottobanco ad insaputa sia del popolo che dei consorzi di produzione. Quando furono bloccati i carichi a Genova dai portuali, il contenuto era proprio quello, così come la destinazione, e lo vennero a sapere casualmente.

Interessante, no?

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