Il PNRR, nei suoi obiettivi (ripubblicheremo sulla pagina la nostra analisi aggiornata alla situazione attuale), fa rientrare l’aumento dei centri antiviolenza fissato ad una quota proporzionale di numero di popolazione.

E fin qui.

Il fatto che mi ha reso papabilmente inalterato è che tali stime siano state fatte tenendo conto solo della percentuale di donne residenti, in chiave generica da un ente sovranazionale terzo, che fa stime senza tenere conto di fattori socio-economici delle varie realtà italiane.

Un centro antiviolenza deve fornire un  baluardo sicuro a chiunque sia in situazione di grave minaccia, ma capisco che il problema stia alla radice. Per la legge italiana, infatti, l’uomo è una sorta di Terminator: si può sfigurare con l’acido, menare o violentare, tanto la pena sarà sempre inferiore all’analogo.

Noi proponiamo da tempo un codice unico contro questo genere di violenze, una pesantissima revisione di un pedante insieme di corpus legislativi che iniziano da qualche anno a singhiozzare, come vecchi motori di trattori arrugginiti.

Il mio j’accuse si sferra principalmente a quei partiti che basano le proprie stime e condotte a conti terzi fatti in modo raffazzonato, agendo di pancia, appellandosi al reazionarismo della reazione avversa di uguale o maggiore intensità, invece che puntare alla soluzione.

Il SOCIT ritiene che l’uomo vittima di violenza, così come la donna che al momento nonostante tutto si trova scoperta, debba poter contare su garanzie e diritti.
Non è un qualcosa da chiedere per favore, è dovere di chi rappresenta (o almeno millanta di rappresentare) il popolo.

Altrimenti le vostre banconote mensili sarebbe decisamente meglio usarle come carta igienica. Lo spreco sarebbe minore.

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