Per entrare come pubblico devi passare dei controlli rigidi, ma per partecipare come concorrente no. Semplice, il concorrente fa fare soldi.

Il siparietto fra Amadeus e Fiorello che sfottono i no va*, con l’addetto Rai che il giorno prima diceva che sarebbe sbagliato discriminare gli artisti in base a quello, fa venire il latte alle ginocchia. Uno sforzo disumano di fare i cerchiobottisti, di rimanere in piedi fra le due parti, giocando sul superpartes spicciolo.

E qualcuno cortesemente levi la lingua de La Repubblica dalla bocca (o meglio altro orifizio) dei Maneskin. Ogni volta che ne parlano sembra la descrizione della prima esperienza da parte di un vergine. Non si capisce se al gruppo GEDI piaccia la musica, i costumi, i nomi o i cognomi dei cantanti. Mistero.

Quindi a Sanremo i no va* (o i no green pass, che spesso vengono convenientemente confusi) sono creature mitologiche da ostracizzare, a meno che non cantino su quel palco e facciano fare soldi al, letterale, teatrino.

Che principi ferrei, che morale inossidabile che ha la Rai. La prossima mossa sarà dire che la partecipazione di un presentatore “en travestì” sia nuovo e simbolico. Ah già lo dicono?

Nel cinema italiano lo facciamo dagli anni ’80, forse prima.
Siete stantii, non progressisti.

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