Di Giovanni Amicarella

A volte le canzoni non sono destinate a rimanere appannaggio di una sola idea, basti pensare a larga parte del repertorio musicale della DDR e alla sua derivazione precedente.

Slavoj Zizek espone il tutto in splendidi parallelismi, potete trovare liberamente parti del documentario su internet, basati sul comunemente conosciuto Inno alla Gioia, meglio dire la sinfonia numero 9, che privo del testo di Schiller è stato utilizzato da le più svariate ideologie, nel periodo in cui erano dominanti.

Era l’inno delle grandi occasioni per il partito n*zionals*cialista perché simboleggiava l’unità tedesca, era la sinfonia operaia in URSS perché simboleggiava l’unità proletaria, era l’inno della Rhodesia ma era anche la sinfonia che ha guidato la rivoluzione culturale maoista.

Tutto fino alla versione che funge da inno europeo odierno, dell’Unione Europea. E sul sito dell’UE stessa, viene detto che simboleggia fratellanza ed unità europea.

Un significato ulteriore, dipendente anche stavolta dall’ideologia dominante?

O forse, è dall’assenza di ideologia che deriva. In fondo, l’UE non ha un’ideale alla base, non è definibile certamente socialista, e diverge completamente dal liberalismo stesso, se non per qualche sprazzo di ultracapitalismo.

L’UE di per sé non ha idea, è tenuta insieme da servizi. Ed è abbastanza difficile, se non impossibile, far passare dei servizi come comprovazione di cittadinanza, di identità o di classe.

Il burocrate medio al Parlamento europeo non ha uno scopo se non il proseguimento strascicato dell’assenza dell’idea: non lo fa per sangue e suolo, non lo fa per unità proletaria o tantomeno per libertarismo imprenditoriale. È quasi come se l’assenza di ideali, alla fine, fosse essa stessa una corrente politica.

Cosa, ironicamente, spesso riscontrabile nei governi fantoccio. Magari è un indizio?

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