Chef Rubio le suona a Damiano dei Maneskin e l’insulsa retorica atlantista

Eheh, pensate che non me lo ricordi. “Damiano David dei Maneskin è alternativoh!!!1!1”, “una band di poeti maledetti contro il patriarcatoh e di conseguenza contro il kapitalismoh”. Toh guarda.

Vengono invitati, TOH GUARDA, come prima band italiana ad un festival della musica americano, e nemmeno il tempo di calzare la vestaglia della nonna rosa che Damiano già si mette a praticare fellatio, TOH GUARDA, al complesso bellico-industriale statunitense.

Ma una figura si staglia all’orizzonte, Chef Rubio. Che finito il teatrino a base di completino di latex e ventenni che sembrano invecchiati di quindici anni al secondo disco, pone una questione: tutto molto bello, Damiano David, quando lo facciamo un concerto a Gaza?

Schiaffo alla vanagloria di chi lancia messaggi, a sua detta, contro la guerra per poi idolatrare le proprie gambe. Tirata in ballo la Palestina, perché diciamocelo, tutti buoni ad andare in America a dire che i nemici dell’America facciano schifo, il nostro “eroe contro il patriarkatoh perché ha la vestaglia di nonna addosso” si muta, chissà perché.

Sono rincuorato e spero lo siano anche i bambini in Yemen che finalmente nessuno parli più di loro, perché abbiamo i Maneskin, a cantare ad un festival americano, Coachella. Che è importante, quasi quanto il fatto che si metta la vestaglia di nonna.

Avete presente quando le potenze coloniali anglo-francesi facevano gli zoo con gli africani? A volte gli insegnavano motivetti o parole, gliele facevano dire per riderci su.

Se mi trovate la differenza fra quanto successo e quello, che non sia la vestaglia de nonna, rimarrò sorpreso. Siamo una colonia, e qualsiasi altro giro di parole sarebbe prendervi in giro.

Ho già detto della vestaglia?
No sai visto che è la tematica fulcro per la stampa italiana, il fatto che fosse rosa.

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