Di Giovanni Amicarella

Burro o cannoni? La fatidica domanda che in tempo di guerra il potente fa al popolo per fargli credere che la privazione sia un percorso ascetico, e non un frutto di scelte patetiche a livello statale.

“Preferite la pace o il condizionatore?”, io sinceramente non saprei messer Draghi, direi il condizionatore per due motivi: il primo è che sono un cittadino di ventitré anni, e non è certamente mia responsabilità se fino a ieri per le risorse energetiche vi andava benissimo renderci dipendenti da potenze straniere.

Quindi l’assenza del condizionatore o della doccia calda, non la vedo tanto una colpa della Russia, quanto di deficienza applicata.

Il secondo motivo per cui prendo il condizionatore è che il vostro concetto di pace mi sembra un po’ una sola: striscioni arcobaleno in piazza, munizionamento in stiva clandestinamente mandato al posto di pappe per neonati e medicinali. Draghi che quasi una settimana dopo, in conferenza con Zelensky, fa l’annuncio dell’invio ufficiale di equipaggiamento ha reso la cosa tragicomica.

Le rispostine ad effetto, insomma, non mancano nemmeno a me, o a noi. Però io non sono certo al governo, né lo è il mio partito, quindi direi di dare meno fiato alla bocca e lavorare a soluzioni.

Che non siano bluff alla Russia come tre quarti delle ultime uscite su come in due giorni, con tre semi di cocomero e una pila stilo AA otterremo l’indipendenza energetica completa da Putin. E l’errore è credere anche che non sia possibile, per l’Italia lo sarebbe certamente con i giusti accordi.

Solo che avremmo dovuto iniziare almeno quindici anni fa.
Comunque tranquilli, se continuiamo con queste uscite, ce ne occuperemo noi quando ci troveremo in mano la questione.

In fondo, cos’è un po’ di malcontento popolare? Napoli e Torino non hanno ritardato a dimostrarlo.

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