Filippo Corridoni nacque il 19 agosto 1887 a Pausula – diventata, in ricordo dell’Eroe, Corridonia, nel 1931 -, da Enrichetta ed Enrico Paccazocchi, casalinga la prima e lavoratore in una fornace il secondo. Sin dalla tenera età sente gravare il peso della povertà nella quale la famiglia è costretta a vivere. Il padre, malgrado ciò, riesce – soltanto in un primo momento – a garantirgli gli studi alle scuole elementari, superate anche grazie ai preziosissimi insegnamenti del prozio, un frate francescano – nominato “Frate Filippo” -, che infuse in lui, da subito, gli umani ed alti principi della dottrina mazziniana – della quale il
futuro Tribuno si occupò in giovine età – e del credo francescano, circonfuso – il tutto – da un alone di altruismo, dedizione al dovere, mediante – anche – il sacrificio e di amore per la povertà.


Uscito dalla scuola elementari, frequenta le “scuole tecniche” che – però – fu costretto ad interrompere al III anno, poiché ilpadre, date le opprimenti ristrettezze economiche, dovette fargli rinunciare per inviarlo al lavoro nella fornace. Così, fu costretto a dover abbandonare gli studi; ma – tuttavia – il giovane, forte
degli insegnamenti ricevuti e delle virtù che in lui iniziarono a maturare, non fu preda della debolezza, e andò faccia a faccia con lo sfortunato destino che gli attese. All’interno della fornace ebbe modo di rivolgere anima e sguardo all’ignominiosa situazione della classe lavoratrice, al duro ed estenuante lavoro manuale al quale erano sottoposti i suoi compagni di lavoro – dei quali, in un futuro non molto lontano da quello poc’anzi descritto, diventerà il più tenace dei trascinatori -; ma questa esperienza nel mondo
del lavoro – per quanto tragica vista la fanciullezza – fu per lui di notevole importanza, assurgendosi al rango di vicenda base per la sua interiorità e per le sue lotte.

Qua, difatti, le «constatazioni dirette fatte della vita operaia sul lavoro, il contatto e l’osservazione
delle condizioni di inferiorità economica, morale e spirituale dei lavoratori, lasciano impronte indelebili nel suo spirito giovanissimo; i sentimenti che vi acquisisce matureranno più tardi e lo faranno
apostolo della redenzione del lavoro.» (Filippo Corridoni – La vita e le idee dell’Arcangelo Sindacalista, pag.15).


In un numero di “Rompete le righe” – giornale fondato insieme all’anarchica Maria Rygier – del 5 maggio 1907, narra – proprio in questo periodo di duro lavoro – della sua prima esperienza di partecipazione, nella quale «[…] appena undicenne, Corridoni percepisce i primi sintomi di ribellione dovuti alla fame che
serpeggiava a causa dell’innalzamento dei prezzi del pane e degli altri beni di prima necessità, mentre il lavoro scarseggiava. […] È in quei giorni che un compagno di scuola, più grande di età, fornisce a
Corridoni “l’Inno dei Lavoratori”: i due ragazzi, in un solo giorno, riescono a fare trecento copie da distribuire in paese.» (Filippo Corridoni – La vita e le idee dell’Arcangelo Sindacalista, pag. 41).

Ciononostante, riuscì a riprendere in mano i libri e proseguire negli studi, e si iscrisse, una volta terminate le “scuole tecniche, all’Istituto Superiore Industriale di Fermo, e ivi – nel 1904 – ottenne il diploma di perito e disegnatore di macchine.

Nel 1905, con un diploma tecnico e tante speranze nella bisaccia, approdò a Milano, e subito fu assunto come disegnatore nell’industria metallurgica “Miani e Silvestri”. Nella Milano in piena rivoluzione industriale la massa operaia d’inizio ‘900 è tormentata dalla fatica, attanagliata dal torpore e annichilita
dalla povertà, e Pippo in questo ambiente si avvicina ai primi circoli socialisti, divenendo il capo della sezione giovanile «a maggioranza sindacalista e osteggiato dalla direzione del partito, in quel momento a maggioranza riformista», nel 1907. Perché proprio in quel periodo, nel Nord-Italia, dalla Francia, iniziò a farsi strada l’idea del Sindacalismo Rivoluzionario, partorito dal gigante intellettuale francese George Sorel, al quale il Nostro aderì, restandone profondamente colpito – destinato a diventare, poi, l’incarnazione esemplare del modello d’uomo auspicato dal Sindacalismo stesso.

Così Corridoni stesso descrisse la città all’epoca dei conflitti sociali: «Milano è una delle poche città
d’Italia che è ricca di tutte le caratteristiche necessarie ad un completo trionfo delle nostre idealità: industrialismo sviluppatissimo, contrasti di classe netti e vivi, nessuna infatuazione elettoralistica, accentuato spirito battagliero, fusione completa tra indigeni e immigrati e quindi nessuna acredine regionalistica: purtuttavia il riformismo- e cioè: l’armonia fra le classi, l’intrigo piccolo borghese e bottegaio, il cretinismo schedaiolo, la repugnanza per qualsiasi lotta che potrebbe accentuare la lotta di classe a detrimento della pace sociale e quindi dell’iride elettorale- da dieci anni vi ha regno incontrastato, e, proprio a Milano, è riuscito ad esercitare i suoi più malsani esperimenti..»

error: Contenuto protetto, è possibile fare richiesta per uso a info@socialismoitalico.it