
Inizia così la sua ascesa nella lotta a fianco del proletariato, e riesce a guidare – sin da subito – diversi scioperi nella città, e nel marzo del 1907 fonda, in collaborazione cólla giovane anarchica Maria Rygier, il giornale di vena antimilitarista, “Rompete le file!” , dal cui motto “L’esercito non si nega. L’esercito si conquista.
“Faremo la rivoluzione con l’esercito non contro l’esercito”, si desume la vastità di temi di cui lui si occupava, che – difatti – spaziavano dal terreno sindacale a quello economico, da quello politico a quello morale. E inoltre «i sindacalisti come Corridoni erano fortemente antimilitaristi, di certo non in quanto legati a un astratto pacifismo, ma perché la struttura centralizzata e oppressiva dell’esercito di leva costituiva un grave contrappeso a cui le forze borghesi si appoggiavano ogniqualvolta si trovavano in difficoltà di fronte alla marea montante di uno sciopero ben riuscito e organizzato.» (Filippo Corridoni, Sindacalismo e Repubblica, Idrovolante Edizioni, pag. 144).
Per questa propaganda anti-militarista fu arrestato e messo alla gogna, ma la motivazione per via della quale avvenne questo arresto, oltre alla distribuzione di numeri del giornale davanti la caserma, fu (ed è) esemplificativa del nobile animo corridoniano, della sua astuzia e della sua ilare scherzosità (pur sempre con fini più che seri) nei confronti dei suoi nemici. Difatti, come testimonia Vincenzo d’Orio, «Questa propaganda rivoluzionaria filtrata occultamente nelle caserme, impressionò i comandi militari
che presero delle severe misure di sicurezza onde vietare la distribuzione clandestina del giornale antimilitarista. Ma per suscitare maggiore scalpore nelle alte sfere militari e più vasta eco nella stampa, Corridoni ricorse ad un astuto stratagemma.
Avendo saputo che l’on. Felice Santini era inflessibile difensore del militarismo, gli mandò la collezione di “Rompete le file” con una lettera di fiera protesta contro quella invadente e pericolosa propaganda antimilitarista, firmandosi “un patriota milanese”. […] L’on. Santini […] fece sequestrare il giornale ed arrestare il suo direttore […]» (Vincenzo d’Orio e Luca Lezzi, Filippo Corridoni – La vita e le idee
dell’Arcangelo Sindacalista, Passaggio al Bosco, pag. 19, 20).
Nel luglio del 1907, pertanto, fu arrestato e condannato a cinque anni reclusione, e resta in carcere fino al 19 novembre dello stesso anni. Esce dal carcere grazie ad un’amnistia, ma è costretto a virare verso Nizza, dacché la correzione giudiziaria risulta non essere valida, e ivi approda il 9 dicembre. Da questo primo esilio volontario, susseguito al primo vero arresto, iniziò una «dura e drammatica esperienza», e come
testimonia lui stesso in una lettera redatta in trincea nella quale raccontò la sua biografia: «Ebbi a maggio la prima condanna e da allora ne ho dovute registrare ben trenta. Per otto anni consecutivi la
mia vita è stata asprissima, terribile. Ho fatto ininterrottamente la spola fra una prigione e l’altra con qualche puntata in esilio. Ho sofferto, e tanto, ma ho il supremo orgoglio di poter attestare
dinanzi all’universo e senza tema di smentita che le giornate del dolore sono state da me sopportate con coraggio e fermezza d’animo senza che nessuno possa buttarmi in faccia un istante di debolezza o
di viltà. Ho patito fame, freddo, dileggi, vituperi, mortificazioni, senza mostrare a nessuno i miei patimenti. Ho fatto tutti i mestieri nell’esilio doloroso […]. Ho vissuto dei mesi con semplice pane e ricotta […], mangiato una volta al giorno. Ebbene, malgrado ciò, eccomi qua colla mia fede intatta pronto ad infilare ancora una volta la via Crucis per il trionfo delle mie idee immortali […].» (ibidem, pag.76)