Del compagno “Santiago”

Dal dicembre 2012 fino al novembre 2014 (espulsione del deputato Massimo Artini) ho attivamente militato nel movimento e da semplice attivista sono arrivato ai vertici del meetup fiorentino prima come organizer, poi come consulente per la stesura del programma delle comunali 2013, responsabile servizio d’ordine e sicurezza di Beppe Grillo, collaboratore parlamentare di Massimo Artini, deputato. Penso per questo di saperne abbastanza e di dover condividere le mie osservazioni. Facile, in un mondo di ciechi un orbo è re.

Vediamo ora come funzionava il movimento.

Certificazione delle liste

Ciascun meetup sceglie in assemblea il candidato con elezione a maggioranza semplice. Ai metodi democratici si sovrappongono altri sistemi con colpi bassi, sputtanamenti, voci di corridoio, fino alla improvvisa comparsa di attivisti dormienti che pur essendo inerti da anni, risultano ancora iscritti al portale meetup.com e quindi aventi diritto. A Firenze qualcuno dei destri peggiori cercò perfino di imporre un sistema elettivo a cinque candidati basato non solo sul nome, ma anche sulla posizione in cui l’elettore lo poneva. Chi veniva scritto per primo prendeva 5 punti, il secondo 4 e via così (ha un nome questo sistema truffaldino ma non lo ricordo). Un metodo pericoloso perché bastava fare cordata per eleggere chi altrimenti sarebbe rimasto in minoranza. Una volta scelto il candidato capo, questi compila la propria lista di candidati, per esempio al consiglio comunale, e la invia al misterioso “Staff” di Milano che altro non è che la Casaleggio & Associati col suo team di avvocati. Se la lista supera i controlli, fedine penali ma non solo, il capolista riceve una raccomandata da uno studio legale di Milano con la quale viene autorizzato ad usare il logo del movimento, simbolo proprietario registrato a nome di Giuseppe Piero Grillo. Il proprietario del simbolo si ha la facoltà di revocare l’autorizzazione in qualsiasi momento per cui il candidato è, scusa il termine, tenuto “per le palle”. O fai come dice il vertice oligarchico ineletto del movimento o sei fuori. Alle comunali fiorentine la spuntò Miriam Amato, sulla spinta dell’ala sinistra del meetup fiorentino. Il candidato della destra, Mario Scali, che si era materializzato dal nulla poche settimane prima, uomo allo scarso livello culturale, non trovò tutto l’appoggio che i vertici si aspettavano, per cui la scelta cadde su Miriam, odiata dai destri che la consideravano una ex CPA e quindi fricchettona, drogata, zecca, comunista ecc ecc.

Il metodo di certificazione che ho descritto è lo stesso per tutto il territorio nazionale. Per chiarire ancora meglio, nella mia qualità di organizer avevo la PW di accesso al portale per cui tentai da bravo infiltrato e in solitaria, un’azione di “contrasto truppe cammellate” inviando una email a tutti gli iscritti dormienti da più di un anno avvisandoli che o si facevano vivi entro 7 giorni o li avrei cancellati dal meetup. Immagina il casino che gli combinavo, di 2500 account ne sarebbero rimasti si e no 500. Me lo impedirono naturalmente, non appena se ne accorsero gli altri organizer, e durante una riunione straordinaria presso lo studio legale Bonafede (si, proprio lui, l’ex ministro), mi fu ordinato di desistere dalla mia azione pena la revoca della PW. Tanto per capire, alle ultime elezioni comunali è stata certificata una lista minoritaria guidata da De Blasi mentre la lista del meetup storico guidata da Daniele Bellucci, è stata bocciata senza appello nonostante fosse maggioritaria.

Il meetup è una organizzazione popolare di base?

Sì, i meetup sono organizzazioni popolari, come non ci sono dubbi sul fatto che questi gruppi non hanno nessun potere decisionale perché, come spiego più avanti, tutto è monitorato e filtrato dall’alto. I 5S si vantano di essere un movimento in cui la spinta viene del basso? Non è vero. I meetup sono monitorati e controllati da fedelissimi casaleggini, due o tre bastano, che impediscono qualsiasi azione che vada a danneggiare veramente il “l’ordine costituito”.

Esempio numero uno: anno 2013, elezioni comunali. La giunta Renzi aveva appena sfrattato gli ambulanti storici da Piazza San Lorenzo mettendo in ginocchio, oltre ai titolari delle licenze, un indotto di lavoratori che, fra commessi, barrocciai e famiglie, raggiungeva il migliaio di persone. Scatta l’inchiesta guidata da me e da altri attivisti (tutti con trascorsi nella sinistra più o meno comunista, da LC al PRC). Scoprimmo che Renzi aveva progettato la trasformazione del mercato centrale in una enorme Eataly con linea bus che dalla stazione centrale avrebbe portato i turisti a riempire le tasche di Farinetti, noto sfruttatore di lavoratori italiani e non, e di altri come lui. Questo comportava lo sgombero di tutte le vie adiacenti al mercato centrale col trasferimento dei banchi storici, per consentire il passaggio degli autobus. Avevano cominciato con Piazza S. Lorenzo come primo passo, portando come pretesto le lagne del priore della basilica, per saggiare il terreno di scontro. In seguito, visti gli esiti, avrebbero proseguito sfrattando tutti i commercianti, compresi quelli all’interno del mercato centrale provocando un disastro occupazionale e la cancellazione di una tradizione centenaria. Il tutto era inquadrato in una più vasta operazione immobiliare che investiva tutto il quartiere storico di San Lorenzo, compresa la retrostante Piazza del Mercato, che prevedeva l’acquisto di interi palazzi per abitazione da parte di una holding straniera. La cosa, se denunciata, avrebbe messo in difficoltà Renzi, già attaccato dalla Corte dei Conti, ma fu messa a tacere dai vertici del meetup. A nulla servì la contestazione che se Renzi perdeva a Firenze, probabilmente avrebbe perso anche a Roma. Il veto da Milano fu categorico, vietato pestare i calli al Bomba oltre un certo limite. In seguito l’affare mercato è andato avanti, gli ambulanti di Piazza San Lorenzo trasferiti ma il progetto renziano è stato ostacolato ma non fermato.

Esempio numero due: anno 2014. Dopo le elezioni europee entrai a far parte come consulente tecnico del gruppo di Massimo Artini, deputato. Obiettivo i nuovi ospedali della Toscana: Prato, Pistoia, Lucca e Massa, appaltati al gruppo Astaldi con la formula della “finanza di progetto”, in inglese che fa figo “project financing”. Un tipo di appalto col quale dei privati finanziano in tutto o in parte un’opera pubblica, riservandosi la gestione della stessa per un congruo numero di anni, per compensare le spese sostenute più gli interessi e i profitti. Una forma di appalto immorale, ancora di più trattandosi di ospedali pubblici, programmare un profitto sulla loro gestione è semplicemente rivoltante. Fatto sta che Massimo Artini, deputato, Laura Bottici, senatore, Fabio Cintolesi, Leonardo Signori e il sottoscritto, consulenti tecnici ci presentammo alla portineria dell’ospedale Santo Stefano di Prato. I funzionari non ammisero la presenza di noi consulenti e lasciarono passare solo i parlamentari (in violazione della Legge perché il parlamentare entra dove vuole, anche nelle carceri, e si porta i consulenti che gli pare non essendo un esperto). Io e gli altri due ci intrufolammo non visti e cominciammo ugualmente la nostra ispezione. Emersero numerose non conformità e mancate osservanze delle norme. In breve quello non è un ospedale, è un centro commerciale con l’ospedale intorno, con negozi di varia metratura da affittare a prezzi esosi, circondati dai reparti sanitari: ecco gli ospedali di Rossi. Nel frattempo il governatore Rossi avvisato della nostra presenza, si precipitò sul posto improvvisando una conferenza stampa davanti all’ingresso coi soliti giornalisti compiacenti, proprio quell’ingresso che nel frattempo avevamo classificato come non conforme e pericoloso perché mancante di regolamentari uscite di sicurezza. Altre non conformità erano la cartellonistica di sicurezza inesistente, costi esagerati di interventi correttivi, rack dati installati nelle zone ristoro accanto alla macchinetta del caffè, alla portata di chiunque, mancanza dei bidet nei bagni delle camere di degenza, condotte dell’aria non sanificabili, vie d’esodo non indicate, mancanza di riservatezza a causa della trasparenza delle facciate per cui, la sera, con le luci interne accese, da fuori si vedono dentro i degenti in pigiama; perfino la morgue con le salme sui tavoli si vede. Altri dettagli sulla non conformità delle sale operatorie li venni a sapere nel posto dove lavoravo al tempo, una ditta di ingegneria clinica, nel reparto chirurgia c’era un vero casino fra infiltrazioni di acqua piovana, impianti malfunzionanti, tempi di decontaminazione eccessivi. Finito il sopralluogo e rilasciato rapporto scritto, ci lasciammo con l’impegno da parte della Bottici di chiedere ed ottenere, in qualità di Senatore della Repubblica, l’accesso agli atti per verificare il rispetto delle procedure di prevenzione incendi, risparmio energetico, codice degli appalti, antisismica, progetti ecc. La Bottici, nonostante i ripetuti solleciti di Artini, non ha mai mantenuto l’impegno in combutta al suo collega Crimi, quello che disse ad Artini “tu lavori troppo” perché stava pestando i piedi a qualcuno. Qualche mese dopo è stato evidente il motivo della retromarcia: le facciate prefabbricate in vetro degli ospedali di Prato, Pistoia, Lucca e Massa sono state fornite per un importo di diverse decine di milioni di euro, dalla ditta Permasteelisa, impresa di Massimo Colomban, uno dei migliori clienti della società di informatica e servizi telematici Casaleggio & Associati. Lo stesso Colomban è riapparso in varie occasioni nelle file del movimento.

Esempio numero tre: equitalia. Beppe Grillo non perdeva occasione per tuonare dal palco i suoi anatemi contro l’agenzia di riscossione. Strozzini, cravattari, delinquenti, terroristi, da abolire, erano gli epiteti più consueti. A questo punto in vari meetup di Firenze e circondario si fece avanti fra gli attivisti l’idea di organizzare una manifestazione, un flash mob o qualcosa del genere, davanti alla sede dell’odiata agenzia. Niente da fare, ancora una volta i capetti locali opposero scuse, pretesti e fine. Nel frattempo, visto che la cosa era stata presa troppo sul serio, Grillo smise di attaccare equitalia.

Esempio numero quattro: ascoltare la gente. In campagna elettorale furono avanzate tre proposte,  parlare coi tassisti fiorentini, organizzare un incontro con Stefano Cecchi, vigile urbano e dirigente sindacalista USB molto attento alle vicende 5S, incontro col collegio dei geometri. Ognuna delle categorie avrebbe parlato dei suoi problemi e di cosa si aspettava dal comune. Ancora un no secco da parte dei capoccini secondo i quali nessuno aveva l’autorità necessaria per dialogare con i citati soggetti e nel meetup non c’era tempo abbastanza per elaborare indirizzi da mettere ai voti. I grillini mettevano ai voti perfino se votare o no.

Esempio numero cinque: il programma elettorale alle comunali 2013. Una buona parte di quel programma la scrissi di mio pugno. Prevedeva interventi sull’economia energetica del comune, dalla sostituzione di tutte le luci tradizionali con luci a LED, semafori compresi, censimento dei contatori luce e gas, monitoraggio spese, censimento di alloggi e altre proprietà immobiliari del comune (incredibile ma vero, il comune non sa cosa possiede) e tante altre cose. Il programma elettorale, integrato da altri attivisti, fu sottoposto all’assemblea generale del meetup e approvato a larghissima maggioranza. Io e gli altri estensori ricevemmo i complimenti e le congratulazioni da tutti, destri e sinistri. Però il programma distribuito alla stampa non fu quello approvato, anzi, certi capitoli erano proprio stati depennati o stravolti. Alle legittime rimostranze fu risposto che coloro che avevano dato alle stampe il programma si erano sbagliati, avevano trasmesso quello vecchio e ora era troppo tardi per rimediare. Oops.

Esempio numero sei: elezioni comunali 2019. Come già detto Daniele Bellucci col meetup storico e maggioritario bocciato, De Blasi minoritario, sconosciuto, emerso dall’iperspazio, paracadutato ma certificato.

Altri esempi: espulsione di Andrea De Franceschi, consigliere regionale Emilia Romagna. Aveva ficcato il naso nella costruzione della variante di valico scoprendo accordi e altarini fra imprese private, coop rosse, politica. Espulsione di Massimo Artini che oltre a ficcare il naso negli affari di Casaleggio/Colomban con gli ospedali, lo ha ficcato anche nel sistema telematico del movimento scoprendo strani movimenti all’interno della loro rete, intrusioni nelle caselle email dei parlamentari, affidamento di incarichi sospetti a società informatiche private (Artini stesso è ingegnere informatico) e infine, peccato capitale, ha scoperto che il famoso portale Tirendiconto, col quale gli eletti rendicontavano le proprie spese, non funzionava e taroccava i risultati. Fuori dai coglioni tutti e due, coperti di insulti, minacce e accuse infamanti. Gli hanno aizzato gli attivisti come fossero cani ringhiosi. Stessa cosa era successa l’anno prima contro il Senatore Maurizio Romani che era uscito sbattendo la porta dando del fascista a Grillo e alla sua corte, letteralmente inferocito. Fu linciato dagli attivisti.

Nel frattempo, c’era stato il tentato colpo di mano della sinistra del movimento che dopo alcune riunioni clandestine, cercò di neutralizzare l’ala destra o almeno decapitarla. Nonostante la sinistra fosse maggioranza, i menscevichi prevalsero. Grazie all’appoggio e ai consigli dello staff milanese, misero le cose sul vittimismo, la buttarono in caciara e la passarono liscia. La fase di scontro culminò con la famosa rissa al circolo A. Del Sarto con intervento in forze della polizia (c’è il video su Youtube). Alcuni indecisi furono conquistati alla destra con la promessa di un posticino di assistente all’eletto. Nemmeno di lotta per le poltrone, si trattò di lotta per gli sgabelli.

Si registravano anche episodi curiosi, come quando Beppe Grillo durante il suo comizio in Santissima Annunziata nel quale ero il responsabile del servizio d’ordine, ignorò sfacciatamente Miriam Amato, anzi, la snobbò proprio, non spese mezza parola in suo favore. D’altronde non era il candidato che voleva lui, troppo sinistra.

Infine le coincidenze curiose. Anno 1992, una troupe del TG2 diretto da Mentana intervista Emma Bonino appena scesa dal panfilo Britannia carico di massoni euristi privatisti, Draghi compreso. La pantegana vecchia ammette di aver visto a bordo Beppe Grillo ma di non sapere a che titolo fosse stato invitato. Di quell’intervista non c’è più nessuna traccia nell’archivio RAI, Mentana nega, Bonino anche, ma in molti l’abbiamo vista. E da chi era composta la troupe che intervistò la Bonino? Dal giornalista Andrea Barbato, scomparso pochi mesi dopo per un’accidente cardiovascolare senza essere cardiopatico, e il cameraman Miran Hrovatin, morto sparato in Somalia insieme a Ilaria Alpi. Ora è chiaro a che titolo fu invitato Grillo sul Britannia.

In sintesi i meetup, pur avendo le caratteristiche di una organizzazione popolare, non hanno la minima possibilità di influire sulla linea politica o sull’azione di governo del M5S. Nessun potere, solo apparenza. Il M5S è un partito agli ordini dei massoni euristi.

Perciò, alla luce dei fatti, ribadisco con rinnovata convinzione ciò che dissi 6 anni prima ad alcuni compagni del pCARC che mi vollero intervistare, che il M5S è stato un astuto progetto di ingegneria sociale creato dalla borghesia imperialista globalista allo scopo di imbrigliare il malcontento e la ribellione popolare, sottrarre elementi validi alle organizzazioni comuniste di base e ritardare così qualsiasi velleità di rivoluzione socialista nel nostro paese, e ci è pure riuscito. Grillo era solito a dire nei suoi comizi “o noi o Alba Dorata”, il movimento neofascista greco, ma in verità intendeva o il M5S o qualcosa di più radicale avrebbe preso piede, magari il socialismo rivoluzionario. Ormai la finzione si è esaurita, il M5S non contiene più niente a parte le poche migliaia di analfabeti funzionali irrecuperabili che votano sulla piattaforma Rousseau debitamente truccata per far uscire i risultati “giusti”, le larghe intese sono ancora più larghe, Conte è un altro pupazzo che ha dimostrato di essere quel che è con la psicopandemia, Mario Draghi alle porte coi sassi ha fatto il suo compitino bancario, Giorgia Meloni eredita e prosegue il lavoro, l’andamento delle cose è sempre più catastrofico per i proletari, il governo appoggia il nazismo insieme a NATO e UE, la guerra è servita. Intanto l’Italia da quarta potenza industriale e tecnologica è scivolata in una realtà fantozziana “spaghetti e mandolino”, deindustrializzata, impoverita e privatizzata.

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