L’Unione degli Armeni d’Italia destina le proprie risorse alla prima accoglienza in Armenia di famiglie con bambini provenienti dall’Artsakh/Nagorno Karabakh tramite la collaborazione con Family Care, fondata da Antonio Montalto.

Se volete sostenere questa importante iniziativa gentilmente inviate la vostra donazione a:

Unione degli Armeni d’Italia
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Causale: Artsakh.

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Segreteria UA

Finito l’Artsakh, inizierà il Turan? Il punto di Leonardo Bellucci

Questo periodo è drammatico per tutti gli Armeni, specialmente coloro che vivono all’interno della repubblica di Artsakh.
Dopo aver dato a tutto il mondo una grande lezione di coraggio e valore, poiché hanno affrontato completamente da soli e con i pochi mezzi a loro disposizione turchi ed azeri, la repubblica di Artsakh capitola dopo 3 anni di combattimenti a fasi altalenanti, infatti, è stato decretato che dal 1/01/2024 la repubblica di Artsakh cesserà di esistere, scatenando un disastro umanitario enorme nella regione.
Lasciando da parte drammaticità della vicenda.
Va rilevato che questo è un grande successo per le ambizioni imperialistiche di Erdoğan.
Il quale si è impegnato a fondo nel ridare slancio all’antico imperialismo della Turchia, anche facendo leva sulla similarità degli altri popoli turchici, dopo la guerra dei 44 giorni il presidente turco si è fatto scattare una fotografia, ritraente Erdoğan tenere in mano la cosiddetta “mappa turca” ovvero una mappa mostrante i luoghi dove i turchi sono originari ed hanno migrato, dando vita ai cosiddetti “paesi turchici”, secondo la mentalità dei turanisti infatti, la patria dei Turchi deve essere estesa “dall’Adriatico fino alla muraglia Cinese”.
Con la capitolazione di Artsakh infatti si può aprire un vaso di pandora. Sappiamo che, già in passato, Azerbaijan e Turchia si sono autodefinite “due paesi ed una nazione” e dopo questo evento anche “un esercito”, e non sono slogan, infatti, l’esercito azero è de facto diventato una branca di quello turco (e qui ci sarebbe anche da farci un esame di coscienza sulla NATO). Altra cosa, nel 2021 Alyev annunciò la costruzione di un’infrastruttura sotto controllo azero che passerà sul suolo armeno, nella regione dello Zangezur che collegherà la Turchia, il Nakhchivan (exclave azera) e Baku. Annunciando che sarà costruita anche contro la volontà degli Armeni, talvolta il presidente dell’Azerbaigian ha anche minacciato gli Armeni, dicendo che si sarebbe preso l’intera regione dello Zangezur. Da rilevare che la pedagogia nazionale azera non riconosce alcuna legittimità al popolo armeno.
Da notare il ruolo dell’Iran nella vicenda, che è l’altro “grande sconfitto”. Poiché al suo interno ha una grossa minoranza di etnia azera che ammonta a circa 30 milioni di individui, (più di quanti non vi siano nello stesso Azerbaijan). Tuttavia, gli azeri di Iran, che in passato si sono sempre mostrati assai fedeli all’Iran (la stessa guida suprema Khamenei è di etnia azera), ultimamente si sono invece mostrati particolarmente attratti dall’orbita turanista.
Anche la Russia nella vicenda ha avuto un “ruolo particolare”, storicamente si era proclamata a “protettrice” degli armeni, tuttavia, come abbiamo già avuto modo di vedere durante la guerra dei 44 giorni, avvenuta nell’autunno del 2020, li ha abbandonati.
Nell’ultimo anno e mezzo, l’abbandono dell’Armenia da parte della Russia si è fatto sempre più palese per diverse ragioni, due delle principali sono la prima: il primo ministro dell’Armenia Pashinyan ha preso posizioni filo-americane anche in modo abbastanza palese.
La seconda: la guerra in Ucraina, che ha fatto in modo che l’attenzione dei russi si spostasse sull’Ucraina.
Ma noi Italiani, dalla vicenda cosa ne possiamo trarre? Diverse (amare) lezioni, la prima, che la Turchia si sta ritagliando una notevole zona d’influenza sia verso Ovest che verso Est (come possiamo già intuire dalla cosiddetta “mappa turca”). E lo Stato italiano però non si fa problemi a fare affari con i due paesi turanisti, che sono Turchia ed Azerbaijan, anzi, questo “progetto imperiale” di Erdoğan pare non dare troppa noia agli USA, perché impedisce sia la realizzazione della “nuova via della seta” cinese, sia perché strapperebbe ai Russi il controllo di una loro storica sfera di influenza, l’Asia centrale (se non anche della Siberia).
Però, come già accennato, la nuova sfera di influenza che Ankara sta cercando di ritagliarsi, non va solo verso Est, ma anche verso Ovest, sta infatti avendo sempre più rilevanza sia nel Mediterraneo che nei Balcani ed in Nordafrica (Libia è l’esempio più lampante).
Questo significa che se lasciamo Erdoğan indisturbato nel realizzare i suoi progetti imperialisti, noi italiani ci ritroveremo letteralmente circondati da paesi vassalli di Ankara (lo siamo già adesso sempre più sia da Sud che da Est), forse solo allora capiremo che sarà troppo tardi.

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