Le presentazioni del nostro nuovo libro, considerabile un debutto editoriale vero e proprio, si aprono a Perugia il 16 marzo, assieme agli amici dell’Officina451 (InstagramTelegramYoutube) sempre in prima linea per le iniziative culturali ed editoriali. A presentare il libro, il nostro segretario nazionale Giovanni Amicarella, ideatore dell’Artverkaro Edizioni, con l’autore Lorenzo Somigli.

L’intervento di Lorenzo Somigli, fondatore de Il Tazebao, nel corso della presentazione a Perugia de Il potere nel nostro tempo (Artverkaro Edizioni). Da Il Tazebao.

«Ringrazio il Comune di Perugia, che ha concesso la sala e ha contribuito a diffondere l’iniziativa perché certifica una volontà di sostenere quel che di buono proviene dalla società, e ringrazio l’Officina 451 che ha promosso la presentazione di oggi. È la prima. Noi abbiamo scelto di fare un libro di carta, ricordo che fahrenheit 451 è la temperatura alla quale brucia la carta; siamo in tempi in cui le distopie ci sembrano così reali. Una menzione d’onore ad Artverkaro Edizioni, un progetto di Giovanni Amicarella, perché fino a poco tempo fa esistevano analoghe iniziative editoriali di pensiero non conforme, spontanee e perfino arruffate ma libere, in larga parte scomparse sotto i colpi della crisi e del politicamente corretto che è un modo di contingentare i pensieri. Ringrazio anche Jean-Claude Martini, tra sue varie attività anche un ottimo traduttore, che ha contribuito alla revisione degli scritti alla base del testo. Qualcosa è successo dal 2020 in poi, con la pandemia. Io mi sono posto delle domande. Dalla pandemia in poi c’è stata una nuova stretta del potere che è tornato a controllare, contingentare, incapsulare la società, prevederne lo sviluppo ma con un mezzo nuovo: il digitale. La ragione di questa serrata, perché il potere non agisce a caso ma si pone l’obiettivo di gestire una massa informe, è l’approssimarsi dello scontro egemonico – presumo le élites abbiano un quadro più nitido che ne giustifica le azioni – come dimostrano i conflitti scoppiati sulla faglia critica del Rimland; questo scontro ha imposto il controllo sia fisico sia sui pensieri, con il già citato politicamente corretto che è qualcosa di assai lontano dal nostro modo di vedere, intendere, vivere, qualcosa di cromwelliano. Dunque, capire un’epoca senza capire il mezzo di produzione è impossibile: ogni epoca è un mezzo che produce un tipo di uomo fabbricato per la sua epoca. Il digitale, come ho cercato di iniziare a ricostruire, garantisce un controllo dall’alto verso il basso capillare ma anche un controllo decentrato perché interconnesso. Come il potere sa tutto di noi, tutti noi sappiamo tutto di chiunque altro fra noi perché condividiamo il nostro con l’altro e dell’altro sappiamo molto, dall’ultimo accesso in poi. Il Novecento si è contraddistinto per uno stadio dello sviluppo capitalistico che ha raggiunto la massima mobilitazione delle forze: grande fabbrica, grandi masse, spremute al massimo per la produzione materiale di qualcosa, di contro grandi organizzazioni come sindacato e partiti politici che tentavano una mediazione; oggi esiste un modello di produzione-distruzione, non più di massa, che non ha più bisogno di grandi numeri. Siamo sulla faglia della Storia: non tutto si può capire, bisogna studiare ancor di più e aggiornare. Gli operai inglesi al tempo della Rivoluzione industriale non sapevano che avrebbero avuto una vita precaria tra slums, orari infiniti, sfruttamento, alcolismo. Ci manca un passaggio politico successivo, una traduzione ulteriore; tuttavia, per continuare nel paragone, anche i movimenti operai hanno impiegato decenni per arrivare a una forma operativa. Bisogna partire dall’analisi e del mezzo di produzione e dello scenario internazionale: questo è l’unico modo per capire».

Rispondendo alle domande di un pubblico attento e colto

Sull’intelligenza artificiale. «Ti ringrazio per la domanda. Fa piacere che studi Storia medievale perché il Medioevo non è stato un’epoca oscura come testimonia il patrimonio dell’Italia centrale. Questi strumenti si raffinano progressivamente perché vengono nutriti ogni giorno dalle interazioni tra di noi, quando lasciamo o acquisiamo informazioni, o dalla produzione di contenuti virtuali, spesso gratuitamente. Quindi sì, al momento sono imperfetti ma si raffinano quotidianamente. Non finisce qui. Lo strumento detta un proprio linguaggio che si propaga oltre la sfera virtuale sicché la scrittura del giornale oggi è modellata sulla base dei social. Il mezzo non ha il controllo di tutto ma già detta tempi e linguaggi. Hai parlato anche del magma sociale e della contestazione. Non ho mai condiviso le proteste contro il green pass nei toni e nei modi in cui si sono configurate, dalle pentole ai paragoni con la Shoah. Un modo antipolitico e grillino, inconcludente, che forse ha ulteriormente inasprito il clima e i provvedimenti. Credo ancora che l’organizzazione, pensiero organizzato che si traduce in azione, sia preferibile alla frenesia del movimento».

Sulle prospettive della Nato. «Ringrazio per la partecipazione e per la capacità di trattare molti temi e con tale profondità. Il Sessantotto – di recente abbiamo ricordato un esperimento di progettazione urbana partecipata – meriterebbe una lettura molto approfondita, che naturalmente gli attori di allora non potevano fare, alla luce del quadro politico di allora: lessi tempo fa una ricostruzione sui rapporti tra De Gaulle e l’URSS, per esempio. Consiglio sempre, invece, per capire meglio il periodo della Guerra fredda, la lettura di Vodka Cola di Levinson che mette in luce gli affari che si facevano tra URSS e mondo “occidentale”. Siamo tutti in un sistema capitalistico, di capitalismo politico. In Cina, grandioso “Stato-civilizzazione” per riprendere la felice espressione di Zhang Weiwei su Le Grand Continent, il capitalismo è imbrigliato in una serie di vincoli; l’ammiraglio statunitense Mahan ha dettato una strategia per il governo politico della merce tanto che i settori strategici sono tutti sotto rigido controllo statale. Io non credo all’economia liberale di mercato e ai garage! Siamo di fronte a due mastodontici sistemi di capitalismo politico. Non condivido, invece, la lettura sulla Nato che, per quanto vedo a oggi, andrà a fine con il ritorno di Trump. Ci sarà, per esempio, una Francia, con quale siamo legati dal Trattato del Quirinale, che tenterà di fare da capofila, anche in funzione prima di tutto anti-turca, portandosi dietro Polonia, Grecia, Giordania e i Sauditi. Sicuramente, come negli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, fioriranno accordi militari bilaterali, alternativi all’attuale Nato. Ci siamo più vicini di quanto sembri e molto probabilmente non è desiderabile».

Sullo sviluppo tecnologico. «Purtroppo, non conosco bene Asimov ma riconosco che la fantascienza – su Instagram ci sono delle ottime pagine che ripubblicano i lavori di grandi autori come Moebius – è molto più interessante di quanto si possa presumere perché tenta di capire dove saremo. Faccio un inciso: fai bene a fare il catechismo, la Chiesa è, o è stata, una grande costruzione civile. Hai detto, provo a sintetizzare, che bisogna tenere sotto controllo lo sviluppo della tecnologia: è, in sostanza, ciò che cerca di fare il capitalismo politico. Credo che, per provare a immaginare un percorso diverso da questo, ci occorra prima l’analisi e poi la costruzione politica orientata, nel breve, a costruire uno spazio di autonomia».

Estratti video dell’evento:

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