Di Giacomo Fontanari per CeSEM
Il dollaro statunitense, un tempo la valuta principale per le transazioni transfrontaliere, sta attualmente perdendo terreno in diversi importanti primati: i sondaggi delle banche centrali indicano una riduzione del dollaro nelle riserve globali¹, ciò è particolarmente evidente dai dati sulle riserve in valuta estera: dal picco dei primi anni 2000, in cui le riserve in dollari rappresentavano oltre il 70% delle riserve totali in valuta, all’attuale 59%²; sempre più aziende americane devono fare i conti con altre valute perché i clienti vogliono commerciare con le proprie valute³ e l’apprezzamento dell’oro sembra non trovare il picco anche perché il dollaro non è più percepito come un bene rifugio come in passato.
Sia la guerra in Ucraina che le spinte decoloniali nel Sud del mondo stanno accelerando l’attuale tendenza alla de-dollarizzazione del sistema monetario internazionale. Le élite americane lo comprendono e sono impegnate in riforme dell’attuale seconda fase del sistema di Bretton Woods, utilizzando le stablecoin come amplificatori della potenza del dollaro. Queste riforme riusciranno a preservare la supremazia del dollaro e il resto del mondo riuscirà a neutralizzare con successo questo nuovo piano americano?
L’Amministrazione statunitense comprende chiaramente la natura di parte dell’attuale tendenza alla de-dollarizzazione, la quale si verifica a causa della crescente e dubbia sostenibilità del debito pubblico statunitense, delle commissioni di transazione eccessive e della generale militarizzazione del dollaro e dell’ecosistema monetario occidentale. Queste cause si traducono quindi a livello internazionale in una crescente ricerca di alternative al dollaro e, a livello nazionale, in difficoltà ancora maggiori nel rifinanziamento del debito pubblico statunitense, il quale ha ormai un costo che rappresenta la prima voce del bilancio statunitense ovvero quasi 1,2 triliardi di dollari.
Ecco che quindi arrivano i Paesi dell’UE a sostenere, a loro spese, il bilancio federale statunitense e l’intera economia attraverso i proventi dei dazi, promesse indefinite di investimenti, acquisti crescenti di scorte di armi e forniture energetiche estremamente costose⁴, una situazione che, nonostante le differenze dei contesti, ricorda la tarda era coloniale britannica in India, in cui il padrone riempiva il suo vassallo con i suoi prodotti obsoleti che non potevano più competere sui mercati internazionali per rallentare la decadenza.
Recentemente Trump ha firmato il GENIUS Act, una legge che stabilisce un quadro normativo per l’operatività delle stablecoin. Ciò fa parte dello sforzo americano di mantenere l’egemonia del dollaro, o meglio, di stabilizzarne il calo in modo accettabile. Alcuni economisti vedono invece particolari difficoltà in questo utilizzo delle stablecoin, altri le declassano di fatto a meri mezzi di pagamento utili per l’abbattimento delle commissioni di transazione.
Guan Tao, importante economista cinese e capo economista della Bank of China International Holdings Co. Ltd, ha scritto su China Forex: “L’idea che le stablecoin possano aiutare il Governo degli Stati Uniti a gestire il proprio debito e a consolidare l’egemonia del dollaro è probabilmente troppo semplicistica. Sebbene l’emissione di stablecoin ancorate ai titoli del Tesoro a breve termine possa effettivamente aumentare la domanda di debito statunitense e ridurre marginalmente i costi di finanziamento del governo, questi debiti devono alla fine essere ripagati. Se gli Stati Uniti continuano sulla strada di un’espansione fiscale insostenibile, potrebbero comunque innescare una crisi del debito sovrano. Il crollo del sistema di Bretton Woods rappresenta un precedente storico recente” ⁵.
L’ex Ministro delle Finanze cinese Zhu Guangyao ha spiegato che le stablecoin in dollari statunitensi devono essere garantite da contanti in dollari statunitensi e titoli del Tesoro statunitensi a breve termine in un rapporto di 1:1. Le stablecoin saranno supportate dai titoli del Tesoro statunitensi a breve termine perché garantiscono una liquidità maggiore rispetto ai titoli a lungo termine.
Le stablecoin in USD potrebbero essere strumenti interessanti per mitigare il problema delle commissioni di transazione e ridurre il potenziale utilizzo del dollaro come arma, fornendo un’alternativa che formalmente non ha alcun controllo monetario diretto da parte degli Stati Uniti. Tuttavia, esse sono soggette a una rigorosa regolamentazione federale e a una centralizzazione di fatto. Ciononostante, è essenziale notare che le stablecoin non sono asset indipendenti, poiché sono ancorate alle valute da cui traggono la loro credibilità. In quanto tali, non sono in grado di dare origine a un sistema monetario internazionale sovranazionale.⁶
Negli ultimi anni, l’utilizzo delle stablecoin è aumentato notevolmente: nel marzo 2025, la loro capitalizzazione di mercato totale ha raggiunto i 232 miliardi di dollari, mentre nel dicembre 2019 era di circa 5,7 miliardi di dollari. Alcune proiezioni suggeriscono che questa cifra potrebbe raggiungere i 400 miliardi di dollari entro la fine del 2025 e persino i 2,8 trilioni di dollari entro il 2028. Le stablecoin Tether (USDT) e USD Coin (USDC) detengono l’86% del mercato. Nel 2024, il volume di trasferimento delle stablecoin (27,6 trilioni di dollari), che rappresenta il valore totale delle transazioni in stablecoin registrate sulle blockchain, ha superato il volume combinato di Visa e Mastercard. Le transazioni giornaliere potrebbero raggiungere i 300 miliardi di dollari nel 2025.⁷
È importante anche citare il “fronte” interno come riporta l’analisi dell’esperto di geopolitica cinese Xiaoguang Yin.
Il dollaro statunitense è controllato dalle società di Wall Street, non direttamente dal Governo. Il Presidente Kennedy morì prima di poterne riprendere il controllo, l’obiettivo dell’Ordine Esecutivo 11110, emesso dallo stesso Kennedy, era quello di sfidare la Federal Reserve sull’emissione del dollaro.
Oggi Trump mira ad indebolire l’ingombrante presenza di Wall Street promuovendo stablecoin legate ai titoli del Tesoro statunitense, ciò potrebbe prosciugare le riserve della Fed e destabilizzare l’intero sistema bancario americano, esercitando pressioni su Wall Street affinché rinunci al controllo monetario o, piuttosto, lo renda meno rilevante.⁷
D’altra parte, Trump ha recentemente firmato un ordine esecutivo che vieta alla Federal Reserve di emettere CBDC, ovvero le valute digitali delle banche centrali. Il premio Nobel Krugman suggerisce che le banche temono effettivamente le CBDC perché, in presenza di queste ultime, le persone ritirerebbero i loro fondi dai conti bancari privati a favore dei nuovi conti della banca centrale, eliminando così gli intermediari bancari e le loro commissioni notevolmente più elevate (e i rischi di fallimento). Potremmo interpretare queste mosse apparentemente incoerenti sia come un “do ut des” che come una sorta di approccio win-win: le banche private hanno ottenuto un divieto legale sulle CBDC e Trump è riuscito ad ampliare la finanziarizzazione del settore delle criptovalute con il sostegno dello Stato.⁸
Oltre a riprendere il controllo sul dollaro statunitense, l’agenda del secondo mandato di Trump si concentra su una guerra tariffaria per rilanciare l’industria manifatturiera statunitense e realizzare la sua visione “Make America Great Again”. La Cina, in quanto principale polo manifatturiero mondiale, è diventata il suo obiettivo primario.
Tuttavia, nella prima fase della guerra tariffaria, i suoi dazi aggressivi hanno avuto un effetto contrario: i rendimenti del Tesoro statunitense sono saliti al 5%, causando quasi il crollo del mercato obbligazionario. Per ritorsione, la Cina ha interrotto le forniture di terre rare, paralizzando di fatto la produzione militare statunitense. Trump ha quindi cambiato tattica, utilizzando le stablecoin come arma per minare l’economia cinese. Trump ha permesso ai ricchi cinesi di aggirare i controlli sui capitali e di trasferire le loro attività all’estero, rischiando di destabilizzare il sistema finanziario cinese e di prosciugare le entrate del Governo. Secondo Paolo Ardoino, CEO di Tether, i rapporti suggeriscono che la Cina è ora il mercato in più rapida crescita per l’USDT (Tether), superando il Medio Oriente e l’Africa. Se fosse vero, ciò segnalerebbe un grave attacco finanziario alla Cina, rivelando l’inesorabile campagna di “massima pressione” dell’Amministrazione americana, con le stablecoin che diventano il nuovo campo di battaglia nella guerra finanziaria tra Stati Uniti e Cina.⁷
Tuttavia, la Cina non è disposta ad alzare le spalle e si sta rapidamente muovendo verso una contromossa. Il 21 maggio il Consiglio legislativo di Hong Kong ha approvato il disegno di legge sulle stablecoin, il quale è entrato ufficialmente in vigore il 1° agosto. L’HKMA (Hong Kong Monetary Authority) selezionerà un numero limitato di licenze da rilasciare tra le 40 aziende che ne hanno fatto richiesta. Lo yuan digitale è destinato principalmente all’uso interno, mentre le stablecoin offshore in renminbi sono destinate ai pagamenti transfrontalieri. Infatti, le principali aziende cinesi che hanno presentato la domanda di licenza, come Ant Group, prevedono di operare a Hong Kong, Singapore e Lussemburgo. Nel frattempo, JD.com ha annunciato dei piani per una stablecoin ancorata al dollaro di Hong Kong, destinata sia ai pagamenti aziendali che a quelli dei consumatori. Morgan Stanley ha persino suggerito che le stablecoin potrebbero essere utilizzate come mezzo complementare al CIPS, l’equivalente cinese dello SWIFT.⁹ Conflux, in collaborazione con la società cinese di sicurezza digitale Eastcompeace Technology, la startup fintech AnchorX con sede a Hong Kong e il wallet di asset digitali TokenPocket, sta lanciando una nuova stablecoin offshore in yuan appositamente pensata per i 150 Paesi della BRI (Belt and Road Initiative), la quale comprende alcune delle più grandi economie mondiali come Cina, India, Arabia Saudita, Indonesia, Russia, Emirati Arabi Uniti e Kazakistan.
A febbraio, le autorità monetarie del Kazakistan hanno approvato in linea di principio la stablecoin AxCNH di AnchorX, ancorata allo yuan, che opererà all’interno della rete Conflux.¹⁰
La Cina, insieme alla propria CBDC denominata Digital Renminbi, ha sviluppato una piattaforma multi-CBDC chiamata mBridge. Come cita il sito web della BRI: “la piattaforma condivisa tra le banche centrali e le banche commerciali partecipanti [è] basata sulla distributed ledger technology (DLT) per consentire pagamenti e regolamenti transfrontalieri istantanei.
Il progetto mBridge è il risultato di un’ampia collaborazione avviata nel 2021 tra l’Innovation Hub della BRI, la Banca di Thailandia, la Banca centrale degli Emirati Arabi Uniti, l’Istituto di valuta digitale della PBoC e l’Autorità monetaria di Hong Kong. La Banca centrale saudita ha aderito al progetto nel 2024.
Il progetto mira ad affrontare alcune delle principali inefficienze nei pagamenti transfrontalieri, tra cui i costi elevati, la bassa velocità e le complessità operative. Affronta inoltre le preoccupazioni relative all’inclusione finanziaria, in particolare nelle giurisdizioni in cui il sistema di corrispondenza bancaria (che collega i Paesi al sistema finanziario globale) è in declino, causando costi aggiuntivi e ritardi. Gli accordi multi-CBDC che collegano diverse giurisdizioni in un’unica infrastruttura tecnica comune offrono un potenziale significativo per migliorare il sistema attuale e consentire pagamenti transfrontalieri immediati, economici e universalmente accessibili con regolamento finale”.¹¹
La Russia sta perseguendo un approccio simile, sebbene in un contesto diverso e con altri obiettivi. Da quando entità come l’UE e gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alla Russia, è aumentata la necessità di diversificare i metodi di pagamento per le transazioni transfrontaliere. È ormai chiaro che questo nuovo approccio comprenderà sia una CBDC russa che una serie di stablecoin non occidentali ancorate al rublo, all’oro e ad altre valute.
La Russia sta accelerando i piani per il lancio della propria stablecoin, in seguito al blocco a marzo di quest’anno dei fondi in USDT appartenenti ai portafogli degli utenti russi per un valore complessivo di 2,5 miliardi di rubli (30 milioni di dollari). Tether ha poi provveduto a bloccare l’accesso ad una piattaforma di scambio con sede in Russia chiamata Garantex.
A seguito dell’evento, il Ministero delle Finanze russo si è attivato per cercare di ridurre la dipendenza dalle stablecoin ancorate al dollaro, tra cui USDT e USDC.
Osman Kabaloev, vicecapo della politica finanziaria del ministero, ha confermato che Mosca sta valutando lo sviluppo di una stablecoin nazionale che funzioni in modo simile all’USDT. La stablecoin sarà ancorata al rublo o ad altre importanti valute legali estere.
Un rapporto di Holland Gold afferma che le banche centrali russe e iraniane stanno lavorando a una potenziale stablecoin ancorata all’oro per facilitare il commercio internazionale evitando metodi di pagamento legati al dollaro.¹²
Secondo un articolo del Financial Times, Promsvyazbank e l’imprenditore russo-moldavo Ilan Șor hanno lanciato A7A5. Questa stablecoin, con sede in Kirghizistan, è ancorata al rublo e mira a facilitare i flussi finanziari su larga scala da e verso la Russia. Ci sono già stati movimenti per un valore di 9,3 miliardi di dollari di A7A5 da e verso portafogli collegati alla piattaforma di scambio Grinex, un exchange kirghiso che opera solo con stablecoin A7A5. All’inizio di ottobre, questa stablecoin ha raggiunto una capitalizzazione di mercato di mezzo miliardo di dollari, arrivando a coprire da sola il 43% del mercato delle stablecoin non ancorate al dollaro e diventandone la principale.
È sostenuta 1:1 dal rublo: per ogni A7A5 acquistato, un rublo viene depositato nella Promsvyazbank.¹³
Nel cosiddetto Sud globale si stanno sviluppando sempre più alternative agli strumenti finanziari occidentali; queste diverse opzioni stanno diversificando e migliorando il futuro ordine monetario internazionale multipolare, ad esempio la Cina sta ampliando la sua alternativa nazionale al sistema SWIFT chiamata CIPS (Cross-Border Interbank Payment System) attraverso nuovi accordi con gli Emirati Arabi Uniti¹⁴ e il Kirghizistan¹⁵, anche la Georgia vorrebbe aderirvi. I servizi relativi al CIPS raggiungono già oltre 189 Paesi e regioni attraverso una rete di oltre 4.900 istituzioni finanziarie giuridiche.¹⁶
Il nuovo sistema brasiliano simile alle CBDC, chiamato Pix, è descritto da Krugman come simile ad una versione statale di Zelle (un popolare servizio di pagamento istantaneo americano gestito da un consorzio di banche private statunitensi), dove le transazioni vengono regolate in una media di tre secondi, rispetto ai due giorni delle carte di debito e ai 28 giorni delle carte di credito. È utilizzato dal 93% degli adulti brasiliani, rispetto al solo 2% degli americani che utilizzano le criptovalute per il trading. Le transazioni hanno commissioni incredibilmente basse per le aziende e i commercianti, o sono addirittura gratuite per i privati.⁸
Anche i Paesi dell’Africa e del Sud-Est asiatico stanno intraprendendo un percorso verso la diversificazione dei metodi di pagamento; si stanno allontanando lentamente ma inesorabilmente dal dollaro, principalmente per risparmiare sulle commissioni di transazione.
In Africa, circa l’84% del commercio totale coinvolge banche non africane ed è in gran parte basato sul dollaro, con commissioni di transazione che vanno dal 10% al 30% del valore commerciale. Sistemi come il PAPSS (Pan-African Payments and Settlements System) sono riusciti a ridurre tale costo a circa l’1%, consentendo sia all’acquirente che al cliente di utilizzare le proprie valute anziché il dollaro. L’obiettivo non è la de-dollarizzazione, ma il risparmio sulle commissioni di transazione. Il PAPSS ha stimato un risparmio di circa 5 miliardi di dollari per i pagamenti commerciali intra-africani utilizzando tali sistemi di pagamento. Il PAPSS, istituito nel 2022, opera in 15 Paesi, tra cui Zambia, Malawi, Kenya e Tunisia, e ora conta 150 banche commerciali nella sua rete con “una crescita significativa delle nostre transazioni”, come affermato da Mike Ogbalu, amministratore delegato del PAPSS.¹⁷
Anche i Paesi dell’ASEAN si stanno allontanando dalla dipendenza dal dollaro con il loro ultimo Piano strategico della Comunità economica 2026-2030, che sostiene un aumento dei pagamenti transfrontalieri in valuta nazionale per stabilizzare il commercio, evitare le fluttuazioni del dollaro e alleggerire le commissioni di transazione.¹⁸
In India, la CBDC della Reserve Bank of India, la e-rupee, sta prendendo piede. È stata lanciata nel 2022 e il suo valore in circolazione è salito alle stelle da 2,34 miliardi di rupie nel marzo 2024 a 10 miliardi di rupie nel marzo 2025. Nel 2022, solo quattro banche commerciali e pochi clienti potevano utilizzarla come metodo di pagamento. Nel marzo 2025, la base di utenti è cresciuta fino a 17 banche commerciali e 6 milioni di clienti. L’e-rupee è emessa dalla RBI e distribuita da banche intermediarie, anche se non è necessario un conto bancario.¹⁹
I Paesi BRICS stanno inoltre collaborando alla creazione di uno strumento unificato specifico chiamato BRICS Pay. Lanciato nell’ottobre 2024, funziona con una tecnologia blockchain avanzata. Consentirà agli utenti di effettuare pagamenti transfrontalieri nella propria valuta integrando i sistemi di pagamento nazionali, come Mir in Russia, UnionPay in Cina e RuPay in India, in un portafoglio digitale unificato. Si prevede che le commissioni di transazione diminuiranno drasticamente, il programma pilota cinese ha mostrato una riduzione delle commissioni di transazione compresa tra il 30 e il 50%. La piena attuazione di questo sistema metterà probabilmente in discussione il dominio assoluto di SWIFT e aprirà la strada ad altre iniziative sovrane di cooperazione con BRICS Pay. Entro il 2030, BRICS Pay dovrebbe facilitare il 15-20% dei pagamenti commerciali globali. Quasi 160 Paesi hanno dichiarato la loro disponibilità a cooperare con questa iniziativa, anche se l’integrazione dei sistemi di pagamento nazionali non sarà facile.²⁰
Le élite statunitensi stanno cercando di evitare la fine della supremazia del dollaro istituendo la terza fase del sistema di Bretton Woods, utilizzando le stablecoin come cannone rivolto verso gli Stati ribelli all’ordine del biglietto verde e come amplificatori della potenza del dollaro. Questo piano potrebbe portare a una stabilizzazione del declino del dollaro a un certo livello o a un fallimento, mitigando parzialmente o temporaneamente il calo, prolungando così la fase finale dell’era della supremazia del dollaro, quindi “guadagnando tempo” ma nulla di più. D’altra parte, il Sud del mondo sta sviluppando sempre più nuove infrastrutture finanziarie e strumenti di pagamento in modo tale da aggirare i sistemi finanziari occidentali, intraprendendo di fatto un percorso volto a soddisfare le esigenze nazionali degli Stati sovrani, realizzando così le legittime aspirazioni dei loro popoli nell’ambito di quella che il presidente Xi Jinping descrive come la comunità con un futuro condiviso per l’umanità. Il futuro è incerto e ogni scenario potrebbe evolversi rapidamente in modi imprevedibili; tuttavia, le basi per il nuovo ordine multipolare sono ben consolidate e sembra improbabile che si verifichi una svolta di 180° verso l’anacronistico status quo degli anni ‘90.
Riferimenti e note su: