Ormai da febbraio 2022 infuria la guerra tra Russia ed Ucraina, e Kiev come previsto ha chiesto maggiori aiuti militari all’Occidente. A tal proposito, abbiamo assistito anche alle diverse reazioni che i vari paesi europei hanno avuto nel fare fronte a questa esigenza, sappiamo tutti infatti della “difficoltà” che ha avuto la Germania nell’inviare i suoi carri armati a Kiev.

Mentre per quanto riguarda l’Italia, all’interno del dibattito pubblico, chiunque non sostenga l’invio di armi, è immediatamente etichettato come “filorusso”. Alcuni mezzi di comunicazione, inoltre, hanno recentemente criticato il governo da poco insediato per la sua difficoltà nell’invio di armi all’Ucraina.

Ma la questione dell’invio di armi all’Ucraina è davvero così “semplice”?

Ebbene, il seguente articolo non si permette di far cambiare idea al lettore di questo tema, e soprattutto lungi da noi difendere questo governo, ma ha invece il fine di informare meglio su alcune criticità, che sfortunatamente sono passate di recente in secondo piano, non tutte, poiché è impossibile farlo in un singolo articolo. In primo luogo, questa fase del conflitto, com’è ovvio, si differenzia da quella che ha caratterizzato il periodo 2014-2021 poiché la grande intensità di questo conflitto ha fatto sì che Kiev necessiti di una quantità e qualità di armamenti enorme per combattere i russi.

In particolar modo, hanno chiesto almeno 500 carri armati, 800 veicoli si fanteria e 300 artiglierie semoventi. I mezzi impiegati nella guerra in Ucraina, una volta che vengono danneggiati oppure quando semplicemente si logorano, vengono riparati, per “cannibalizzazione” come si dice in gergo, ovvero, in mancanza di pezzi di ricambio vengono usati altri pezzi per sostituire quelli mancanti. I Russi questo lo sanno, quindi, hanno interesse nell’amplificare le difficoltà logistiche degli Ucraini e dell’Occidente.

Ma cosa possiamo dire delle difficoltà italiane in merito?

Ebbene, in questo caso le difficoltà che sorgono per il nostro paese sono innumerevoli, ma noi ci concentreremo su due tra le più significative. La prima, Kiev ha chiesto a Italia e Francia di poter accedere ai nostri SAMP/T, ovvero batterie terra-aria tra le più efficienti al mondo particolarmente utili per intercettare soprattutto missili e droni. Peccato che l’Italia disponga solo di 5 di questi avanzatissimi sistemi d’arma, si tratta di un numero irrisorio perfino per le nostre stesse esigenze. E la concessione del sistema dovrebbe comportare anche il rifornimento dei missili (Aster 30), che però essendo così all’avanguardia sono costosissimi e richiedono molto tempo per la produzione. Tuttavia quei missili vengono anche usati per la protezione delle nostre fregate.

Quindi, darli all’Ucraina significherebbe, in un modo o nell’altro indebolire le nostre difese, e non solo, anche regalare la possibilità ai russi che queste armi vengano studiate e che essi possano trovare un modo per neutralizzarle.

Ricordiamo inoltre che la guerra in Ucraina ha anche una dimensione navale e mediterranea. I russi sono infatti presenti a ridosso delle nostre coste per “studiare” la “potenza navale” dell’occidente. Ecco che mostrarci non solo privi dei nostri più avanzati sistemi di difesa ma addirittura mandarli nel fronte può rivelarsi controproducente. I francesi (co-produttori dei SAMP/T e dei relativi missili e software), conoscono molto bene questa problematica. Infatti loro per non darli all’Ucraina ne hanno mandati al porto di Costanza, per proteggere i corridoi del grano.

A questa si aggiunge l’ultima criticità del rifornimento di armi, ovvero di cosa se ne farà una volta finita la guerra?

A questa problematica ci sono pareri discordanti, in un intervista, il procuratore Nicola Gratteri, ha affermato che dopo la guerra in Bosnia, le mafie sono andate lì a fare rifornimento di armi, approfittando del fatto che la popolazione stremata dovesse in qualche modo guadagnarsi da vivere.
Ma lasciando da parte le organizzazioni criminali, ed allargando lo sguardo ai paesi esteri, il panorama non è tra i più rassicuranti, poiché la possibilità di fare ingegneria inversa con i nostri sistemi d’arma non è presente solo da parte russa ma anche da parte di altri Stati.

Nel 2016 in effetti Erdoğan, aveva insistito molto per avere accesso ai SAMP/T e sia Roma che Parigi si sono categoricamente rifiutati. È dunque plausibile pensare che a guerra finita i nostri sistemi d’arma possano venire studiati se non addirittura ceduti direttamente ad altre nazioni. Per arrivare ad un “compromesso”, il ministro della difesa, Guido Crosetto, ha dato il via libera ai missili Aspide da inviare all’Ucraina, anche se si tratta di missili ormai ampiamente noti. Purtroppo la Russia è consapevole di queste problematiche che ha l’Italia, e tra il suo sghignazzare, cerca di mettere il dito nella piaga (si tratta di un modus operandi che la Russia è specializzata nel fare, in particolar modo si veda la dottrina Gerasimov).

Mosca è a conoscenza delle frizioni che intercorrono tra Roma e Parigi, ed ha l’obiettivo di accentuare queste frizioni fino a far rovinare le già delicate relazioni tra l’Eliseo ed il Quirinale. Altra cosa che i russi stanno provando a fare, è quella di far serpeggiare lo scontento tra la popolazione italiana, facendo leva sul fatto che in Italia le armi che stiamo passando all’Ucraina sono coperte dal segreto di Stato, e nel farlo vuole far passare il messaggio che le armi che stiamo inviando a sostegno a Kiev, sono armi che costituiscono un crimine di guerra, (si veda la notizia falsa delle presunte mine “italiane” trovate in Ucraina).

In conclusione, quanto è giusto e utile sacrificare o rischiare di sacrificare parte dei nostri sistemi difensivi? Ci troviamo di fronte ad un interrogativo in cui solo le generazioni future sapranno dare una risposta.

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