Di Ivan Branco

Bisogna anzitutto partire da una insanabile contraddizione di fondo di ciò che caratterizza non la metafisica, non quindi il mondo “delle Idee” di platonica memoria o tutti quegli altri pianeti di cui non si può avere la certezza fisica e scientifica della loro effettiva esistenza, bensì proprio di quest’altra faccia della medaglia dell’esistenza stessa e delle sue infinite contraddizioni e sfumature; le stesse teorie immanentistiche debbono portare a pensarci alla seguente domanda: se, effettivamente, non esistono altre realtà e verità all’infuori di quelle donateci dal mondo fisico e dalle nostre scienze, e quindi non esistendo, almeno in teoria, nemmeno dei valori e delle idee “a priori” e, soprattutto, dei caratteri eterni che regolino e diano un senso al mondo, che cosa dovrà venire dopo la scomparsa delle vecchie credenze e dei vecchi sistemi del sapere che si “limitavano” a immaginare delle zone inesplorate (e inesplorabili) della nostra realtà (almeno fisicamente si intende), le quali formano quest’ultima?
E, pertanto, su quali caratteri dovranno rifarsi tali valori che, per la stessa natura umana di dover conseguire un fine e dare quantomeno un significato al proprio essere ed esistere, andranno poi a creare il nuovo mondo immanente?
Ebbene, la risposta in un primo momento potrebbe anche essere ovvia: tali caratteri dovranno basarsi sulla nostra nuova concezione dell’uomo e degli oggetti che non sia più metafisica ma, al contrario, interamente fisica, e quindi scientifico-artistica, pertanto rinunciando agli idealismi dell’iper-razionalismo e alla deumanizzazione in quello che è l’attualissimo problema ontologico che riguarda tutti noi nella nostra essenza ed esistenza.
Ma, a rigor di logica, seguire la stessa natura umana, sia nei suoi aspetti razionali sia in quelli primordiali e passionali, non equivarrebbe a dover seguire anche tutti quegli atteggiamenti dell’Essere e dell’Esistere che ci portano inevitabilmente alla metafisica?
Ovvero, se la metafisica si genera da fattori tanto razionali quanto irrazionali, tanto illuminati quanto mistici (che, molto spesso, si intrecciano anche fra di loro), dove si può trovare lo sbocco per uscire dalla strada della metafisica e dei valori eterni?
Saremo quindi sempre e comunque costretti a scegliere una via che sia, nel nostro essere ed esistere particolare, non legata a una pura necessità “materiale” (come, ad esempio, il semplice controllo di una risorsa o di un pezzo di terra) bensì a una più (ma non per questo completamente) pura volontà di affermare dei propri valori che, al di fuori della quotidianità, non hanno alcun senso.
Pertanto, come appena detto, tutto ciò che non rientra nella sfera utilitaristica e “scientista” (in sintesi, della sola e unica necessità di sopravvivere di un organismo) del vivere e dei rapporti “concreti” fra gli esseri umani (senza quindi alcun tipo di volontà che vada “al di là” nell’”al di qua”) diviene di conseguenza un valore di tipo metafisico, ma non per questo deve anche necessariamente essere un valore di tipo “celestiale”, ovvero dato da una più astratta, idealista e razionalista/mistica idealità che, al contrario di quella che potremmo definire come una “metafisica terrena”, si astrae completamente dalla realtà immanente con la totale categorizzazione netta della realtà in concetti che possano definirla in ogni sua sfumatura, contraddizione e rapporto di causa-effetto, rendendo il tutto un insieme (falsamente) armonico e regolato da una legge fisicamente improvabile e quindi che non si possa smentire e che abbia solo un mero valore logico-razionale all’interno di questo astratto mondo ideale.
Quindi tale “metafisica terrena”, al contrario di quella “celeste”, abbatte quelli che sono i principi e le basi da cui nasce l’astrazione concettuale della realtà delle cose e degli uomini per riportare, necessariamente alla natura umana, la metafisica sulla terra; pertanto, in questo caso non si assiste a un abbattimento totale della metafisica, ma, appunto, a uno sbilanciamento di questo asse a favore di una logica fisico-terrena, lontana quindi dalla sola speculazione di tipo idealistica, lontano quindi sia dalla religione sia dalle dottrine filosofiche razionaliste.
Due sono i possibili esempi che qui possono essere riportati a dimostrazione di come questa nuova logica metafisico-terrestre continui a pervadere il Nostro modo di riflettere e di analizzare il mondo moderno e il mondo generale:


Karl Marx e Friedrich Nietzsche


Nel primo caso ritroviamo il “maestro” del materialismo storico e dialettico, della visione scientifica del progredire umano, della linearità della storia dato dallo scontro e dall’evoluzione delle classi, della struttura e della sovrastruttura di ogni società e civiltà umana, quindi, e, in definitiva, della fine dei rapporti di produzione e di associazione così come li conosciamo e, quindi, della nascita di una nuova Storia; nel secondo caso abbiamo il distruttore del sistema etico-morale e conoscitivo nostrano, che è stato ed è tutt’ora fondato sul modo di conoscere dell’oggetto e dell’essere e dell’evoluzione storico-culturale di stampo kantiano e hegeliano e, ancor prima, socratico-platonico e cristiano, nonché quindi colui che ha abbattuto gli idoli dei “vecchi” e “nuovi” fedeli che continuano a popolare e a guidare l’Europa intera in ogni sua essenza, dalla Cultura all’economia, dalla Storia alla politica, dalla visione Generale del mondo a quella Particolare degli individui.
Certamente qui non si vuole accostare la figura di Marx a quella di Nietzsche, come già accennato sopra, il temperamento prevalentemente scientifico del primo e quello prevalentemente artistico del secondo (ma non per questo nessuno dei due esclude completamente la volontà e la ragione) fanno sì che le loro visioni della realtà conoscitiva e in divenire delle cose e dei soggetti siano perlopiù inconciliabili, ma in entrambi ritroviamo lo stesso fattore che li discosta e li avvicina alla metafisica, ovvero la rottura con la celestialità della filosofia e del pensiero socratico-platonico e cristiano e la creazione di una visione fortemente immanentistica della conoscenza del tutto, delle passioni e della ragione umana, della struttura ed evoluzione delle necessità/società/ideologie umane e, quindi, di un rinnovato uso delle scienze e delle arti nella creazione di un nuovo destino dall’umanità per l’umanità, destino segnato per l’appunto dall’avvento, nel primo caso, di una società utopica collettivistica, egualitaria e libera, e nel secondo caso invece dall’avvento dello sprigionamento delle immense forze creative e disciplinate di (oltre)uomini che, seguendo e divenendo, quindi, il loro essere, saranno paragonabili a degli “dèi terrestri” che creeranno un mondo a loro immagine e somiglianza.
Per concludere, un’ultima (ma non veramente ultima) domanda: qual è, quindi, l’essenza stessa della questione? È veramente possibile potersi distaccare completamente dalla metafisica senza rinunciare al nostro desidero di voler Essere e di dover Esistere?
Non esistono certamente delle risposte che possano mettere un punto definitivo a questa questione, né tantomeno è quello che vorrei cercare di fare con questa piccola analisi, poiché non vi può essere una netta separazione dei contrasti all’interno della nostra stessa realtà materiale e fisica; basti pensare al fatto che già con la sua stessa “impostazione” mentale di dover categorizzare e, quindi, di dover dare un significato a sé stesso e a tutto ciò che lo circonda e, contando anche la sua volontà, le sue passioni e la sua stessa composizione materiale, l’uomo ha la necessità naturale di dover indirizzare questi suoi schemi mentali e le sue forze istintuali verso un “al di là”, che potrebbe persino riguardare un qualcosa di “banale” come la quotidianità, o le relazioni con altri esseri umani, in tutto ciò risiede sempre quella capacità e quella necessità di dover credere in un “al di là”, persino la stessa fredda logica deve presupporre che essa stessa vada al di là del solo sentimento, e che quindi sia la via più giusta e vera da dover percorrere.
Così sono anche le nostre idee, non concetti astratti, ma realizzazioni ideali di una necessità nata dallo stesso soggetto; così è anche la nostra conoscenza e razionalità, non un “dono” che ci è stato fatto e dato né tantomeno la chiave per l’oggettività, l’assoluta verità e per la risposta alla mancata conoscenza delle cose e dell’essere umano.
Ogni uomo è artefice della propria visione e percezione del mondo, un destino che va sempre e comunque, che lo si voglia o meno, al di là dell’al di qua e viceversa.

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