Di Giovanni Amicarella

La penna-capo di La Repubblica fa inversione di marcia decisa, contrordine secco e ritirata. Dopo non si sa quanto inchiostro speso a dire che la Corea popolare fosse una tigre sdentata, adesso rilancia un articolo redatto da Di Feo in cui la pone come invalicabile muro che fermerà la controffensiva di Kiev, mettendo già in modo tragicomico le mani avanti.

L’articolo, che più che tale è uno spazio pubblicitario a Radio Free Asia, è ovviamente farcito della classica retorica del “muoiono tutti di fame ma sono pieni di armi”. Puro bipensiero orwelliano, a meno che non si voglia credere che una repubblica socialista a settantacinque anni di esistenza , compiuti una decina di giorni fa, ci sia arrivata a stenti e digiuni, per poi avere un’arsenale che è passato dall’essere fonte di ironia a spauracchio della NATO. Chissà con cosa dovrebbero fermare la controffensiva ucraina secondo l’immaginario costrutto del giornalista medio del “mainstream”, frombole e sassi? Non erano tutti armamenti scadenti quelli delle parate? Non facevano sempre cilecca i loro missili balistici?

Più che chiedersi se il popolo coreano si sia chiesto, come viene echeggiato nell’articolo, se preferisse “burro o cannoni”, sarebbe Molinari a doversi chiedere se valga la pena far redigere analisi del genere, che vanno a braccetto con la stampa sensazionalistica più che con quella in area analitica.

Forse dovrebbe rimanere nel suo di settore a fare da giudice, su cui è stato estremamente prolifico, della storiografia ebraica e non muoversi da lì. Sarà il senso di appartenenza alla comunità a dargli ispirazione, o sarà che in ambito geopolitico si sia di fronte all’ennesimo autoproclamato esperto a capo di altrettanti autoproclamati esperti, fatto sta che come esce di lì perde qualsiasi linea di continuità di pensiero.

Al popolo americano, a quella fetta che vive in tendopoli e che ogni inverno viene mietuta dalle malattie e dal freddo a mo’ di lugubre scenario post-apocalittico, verrà posto il quesito “burro o cannoni”? Me lo sono sempre chiesto, soprattutto quando emerse un video proprio coreano a riguardo, di parecchio tempo fa, che mostrava delle tendopoli dove americani erano in fila per le razioni quotidiane di cibo e bevande calde, in inverno. La cosa triste è che il filmato non è ritoccato, ed è effettivamente una ripresa delle decine di città americane in cui ogni inverno chi non ha nulla finisce per essere un emarginato, nelle mani di piccoli e sparuti gruppi di volontari, da decenni.

La tenda, insomma, è il culmine di vizio e di virtù nella società americana. Ci finisci perché perdi tutto al gioco, o magari perché hai venduto la casa per pagarti le cure mediche.

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