primo maggio

Di Giampiero Braida


ART.1: ossia il lavoro è schiavitù, lo sfruttamento è legge

“L’Italia è una repubblica fondata sullo SFRUTTAMENTO dei lavoratori” e non una “repubblica democratica di lavoratori” come splendidamente aveva provato a farla titolare Palmiro Togliatti. Lo capiamo dal fatto che nel 1992 è stata definitivamente abolita la scala mobile, dal fatto che dal 1994 il costo della vita è salito mentre gli stipendi sono rimasti gli stessi, dalla precarizzazione dei mestieri al cui culmine si è giunti col “Jobs Act” e con l’abolizione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, dalla progressiva abolizione delle tutele sociali operata tramite un peggioramento sempre più acuto nella sanità e nella scuola.

L’Italia odierna non è la Patria del Popolo o la Patria dei Lavoratori. È invece una matrigna acida e meschina nei confronti della sua prole, il popolo lavoratore, su cui dovrebbe fondarsi la sua identità giuridica e politica. Per qualcuno tuttavia non sembra essere così, pare anzi quasi che vi sia uno scenario, non solo favorevole, ma addirittura idilliaco, miracoloso, in cui vi è un record di occupati e si è tornati al tempo dei boom. Secondo la “nostra premier” Giorgia Meloni, infatti, vi sarebbe un record di occupati (oltre un milione di posti di lavoro generati in 2 anni), sarebbero aumentati i contratti a tempo indeterminato e sarebbero aumentati i salari reali, ecc. la retorica paternalistico-demagogica ci inebria così di fatti che sembrano spuntati per magia dal cappello del mago come il coniglio bianco. Vi è una narrazione parallela, distaccata e totalmente sognata rispetto a quella che è la verità. Narrazione che, vogliamo precisare, appartiene da sempre alle fazioni parlamentari del centro-destra e del centro-sinistra in ogni loro aspetto, così come alle loro quinte colonne in ambito extraparlamentare, che siano consce o no del ruolo che ricoprono.

La situazione del lavoro italiano

I dati colmi di speranza e positività della Meloni non sono altro che una maschera che va a nascondere il vero problema. Complessivamente si sono sì superati i 24 milioni di occupati, riducendo al contempo il tasso di disoccupazione al 5,9% (dati Sole24ore), ma di fatto non si sono risolti per nulla i problemi strutturali del mercato del lavoro. La maggior parte degli osservatori statistici nazionali non dimostrano infatti come il cosiddetto “record occupazionale” dipenda dai lavoratori over 50 che non sono andati in pensione per via dell’aumento dell’età pensionabile tramite la riforma Fornero (la quale ha fatto aumentare i lavoratori ultracinquantenni del 60% circa). Ciò non fa altro che aumentare esponenzialmente il numero di lavoratori già “anziani”, dimostrando anche come vi sia una riduzione della forza lavoro giovanile. Non a caso la fascia d’età 25-34 anni ha perso a febbraio 2025 almeno 13.000 occupati, con un alto tasso di disoccupazione giovanile del 16,9% (dati Sole24ore). Il XXVI rapporto del CNEL ha posto inoltre in evidenza come sia l’occupazione femminile sia quella giovanile siano le più basse in Europa. Nel complesso abbiamo il tasso di occupazione più basso d’Europa (-15,2 punti rispetto alla Germania, -6,8 punti rispetto alla Francia). Senza contare il tasso di lavoro sommerso, il quale mangia un bel po’ del reale bilancio dello Stato ed è la chiave per abomini come caporalato, sfruttamento ed elusione fiscale. Un altro rapporto della Fiom-Cgil mostra come in soli cinque anni si siano susseguite una serie di crisi industriali che hanno portato ad un numero record di 19.000 esuberi (dati Sole24ore). Non a caso tali problemi sono legati alla progressiva deindustrializzazione, la quale ha fatto diminuire in 10 anni il numero delle partecipate pubbliche del 25%, facendo dell’Italia uno dei Paesi con meno partecipate d’Europa (ma pare che ciò non preoccupi la Meloni, intenta invece a privatizzare per erodere quel poco di debito pubblico che si può ripagare).

Se si scava più a fondo poi gli ultimi dati Eurostat e Istat mostrano un panorama molto meno roseo di quello che sembra. Nel 2024 la percentuale di lavoratori a tempo pieno che sarebbero a rischio povertà ha avuto un aumento fino al 9% rispetto al 2023. La situazione di rischio per i laureati cresce dal 3,6% al 4,5% mentre i lavoratori autonomi restano i più colpiti con un aumento dal 15,8% al 17,2%. Fino al 2024 infatti il rischio di povertà si attestava al 18,9% della popolazione (11 milioni di persone circa), con una media di rischio di povertà del 23%, due punti percentuali sopra la media dei dati provvisori Eurostat. Ma allora dov’è il traguardo del “Buon Governo”?

In sostanza, sebbene si possa identificare un lieve calo del numero di disoccupati, si segnala un aumento di inattivi (+0,2% dati Istat) come i NEET, categoria che oggi ci offre uno spaccato non solo delle disuguaglianze generalizzate del Paese ma anche delle profonde disparità di alcune zone tra Nord e Sud Italia. Le due categorie più problematiche nonostante tutto rimangono i precari e i giovani. Il calo dell’occupazione (pari allo 0,1%) ha coinvolto i dipendenti con contratto a tempo determinato e i 15-34enni. Per gli under 25 si registra addirittura un tasso di disoccupazione del 19,2%.

Guardando alle statistiche risulta inoltre che in 20 anni circa gli italiani emigrati all’estero in cerca di migliori condizioni lavorative sono praticamente triplicati, passando da 2,3 a 5,9 milioni (di questi ultimi 2,8 milioni sono under 40). Tra il 2022 e il 2023, secondo ina ricerca della Fondazione Nord Est, almeno 100 mila giovani hanno lasciato il Paese e dal 2011 il saldo migratorio giovanile è negativo, e negli ultimi anni gli espatri sono aumentati soprattutto per la crisi economica innescata dal 2008 fino alla pandemia di Covid-19, facendo sì che molti giovani andassero all’estero alla ricerca di nuove opportunità e aggravando il bilancio demografico, sociale ed economico del Paese.

La crisi è umana oltre che sociale ed economica! Per un vero Primo Maggio.

Una società che sacrifica sull’altare della Patria schiere di lavoratori precari, poveri e disperati non ha diritto di definirsi umana. Essa è rappresentante della più abietta disumanità, quel tipo di disprezzo per la vita umana che si nasconde bene dietro falsi proclami, roboanti parole volteggianti che cadono come polvere sui discorsi impomatati dei grossi politici, creando quella patina cristallina che fa sembrare una soffitta stantia di muffa un salottino all’ultimo grido. Proprio sulla falsità che si creano i miti ed è tramite i miti in questo caso che si riesce a creare una narrazione accettabile per convincere gli altri della bontà dei propri programmi e delle proprie azioni, anche quando queste non sono altro che spine acuminate ricoperte di miele. Da anni ormai si susseguono governi arcobaleno, blu, rosa, fucsia, gialli, verdi…nessuno che provi a svolgere riforme strutturali come de-precarizzare il mercato del lavoro, riduzione dell’orario lavorativo, tutele per le famiglie giovani, il raggiungimento della piena occupazione, la promozione del ruolo dello Stato nell’economia pubblica, l’aumento della crescita economica con un progressivo aumento della ricchezza popolare tramite degli stipendi adeguati al costo della vita. Il caos regna sovrano e a goderci sono i padroni che ci tengono legati col vincolo esterno e i politici nostrani che lucrano dalla loro posizione sulle vite di moltissime persone.

Occorrono nuove energie e nuovi metodi di lotta per combattere l’immobilismo italiano e la persistente incapacità di chi ci governa a non risolvere minimamente, vuoi per incompetenza o vuoi per interesse, la situazione lavorativa attuale. Perché un Paese che non dà futuro ai giovani lavoratori ma stramazza di lavoro i vecchi ha perso di vista il proprio destino nello sviluppo storico della società. Senza gioventù forte, volenterosa, non c’è futuro per nessuno. E l’Italia si sta ancora mangiando tutta una serie di talenti espatriati o disoccupati che non possono realizzare il loro progetto di vita e tantomeno servire l’interesse nazionale, proprio a causa del fatto che sul piano dei servizi non si stanno facendo passi avanti, ma solo indietro. Quanto grava poi il disinvestimento dello Stato nella sua funzione di programmatore economico, e quanto preme sulle attuali condizioni lavorative la mancata partecipazione del lavoratore alla gestione dei mezzi di produzione che gli competono? Queste sono domande per cui non riusciamo a trovare una degna risposta, anche alla luce del fatto che le proposte sono ancora deboli e mancano di quella radicalità giusta che potrebbe permettere un ribaltamento (a noi piace rivoluzione) della situazione di cui attualmente siamo vittime.

Come ogni anno vogliamo ribadire la nostra vicinanza a tutti i lavoratori caduti sul posto, ai disoccupati, agli espatriati per necessità. Siamo tutti uniti sulla base di una ingiustizia che va combattuta fino alla fine. Questo è il nostro Dovere, smascherare gli inganni, mettere in mostra le bugie che ci vengono propinate e comprendere quale sia la vera strada del cambiamento. La rivoluzione contro il Sistema del dis-Lavoro non è un colpo di frusta rapido e guizzante ma un’operazione che si deve preparare con calma e precisione, anzi un’opera che si deve promuovere con la creatività, l’associazione e la coscienza popolari.

Il primo maggio è la festa della rivendicazione per eccellenza…la rivendicazione della libertà dalla schiavitù del tempo-lavoro da cui il capitalista estrae il plusvalore. Oggi è necessario per questo riprendere lo spazio e il tempo necessari come esseri umani e come lavoratori, cioè soggetti attivi creanti, non macchine o robot. Lavoratori, occorre ancora lottare per il vostro avvenire, o sempre o mai! La vita è missione, il diritto è un nostro dovere!

Auguriamo a tutti i nostri membri e a tutti i lavoratori d’Italia un buon Primo Maggio d’ispirazione e presa di coscienza. Viva l’Italia! Viva la vera democrazia dei lavoratori! Abbasso il parlamentarismo! Abbasso il capitalismo salariale-schiavistico!