Le due risposte alle critiche che ci sono state poste un mesetto fa, seppur siano state più lette che la critica in sé, hanno alzato una piacevole discussione sull’origine di certi rancori dissimulati da astio ideologico “ortodosso” e rigoroso, nonché un rafforzamento nelle idee e nelle collaborazioni delle realtà a loro volta tirate in ballo. Alla faccia della richiesta di smarcarsi dal Socialismo Italico, che continua imperterrito a crescere.

Non sono mancati rilanci di “debunking” da altri soggettoni e altre amenità virtuali che tutt’ora aspettiamo, come la famosa smentita alla nostra visita all’ambasciata di Corea di un anno fa (che è stata temporeggiata talmente tanto dal permetterci di tornarci in visita una seconda volta), o la smentita del nostro status di organizzazione politica. Pubblichiamo una lettera di un compagno che ha abbastanza esperienza politica e militanza fisica per poter porre una linea di demarcazione fra i piagnistei virtuali e l’attivismo politico, che ha deciso per quieto vivere di firmarsi come “Bruno Rossi”, o “Rossi Bruno” che dir si voglia, con una teoria interessante sull’origine di certe attitudini:

Lo stimato compagno Amicarella ha per bene due fiate risposto alle critiche provenienti da un ignoto gruppuscoli troskista. Sarebbe piuttosto facile rispondere alle accuse politiche mosse, capovolgendo le accuse fatte per rispedire al mittente, quello sì veramente reazionario, ambiguo e anticomunista, ma non si centrerebbe il punto. Quella che potrebbe passare per l’ennesima cervellotica critica di chi, sconnesso dalla realtà e dalle sue dinamiche reali, ha troppo tempo per le mani, dev’essere correttamente intesa come una richiesta d’aiuto.
Ci si trova davanti a un grido disperato, che solo superficialmente assume la forma di un’inventiva politica. In questo senso, la questione riguarda la salute mentale, e in tal senso si deve impostare la risposta.
La sanità italiana, soggetta a deleteri percorsi di privatizzazione e riduzione, mascherati per “efficientamento”, ha lasciato scoperti nel suo ritrarsi vari campi. Spesso si parla di ambulatori e reparti chiusi, di medici mancanti, di visite rimandate a sine die o delegate a privati, fuori e dentro le strutture ospedaliere pubbliche. Spesso però manca il collegamento con quello che ai giorni nostri, con la decomposizione delle famiglie e col presentarsi di crescenti problemi relazioni, è un problema sempre più grave.

La salute mentale, specialmente nei più giovani, è fortemente a rischio. Le cause sono molteplici, sistemiche e culturali così come le conseguenze. Tra queste vi è la dissociazione dalla realtà, che si esprime in termini patologici prima che ideologici, e la costruzione di microcosmi nei quali rifugiarsi.
Siamo davanti a una dolorosa manifestazione di ciò, e sarebbe fare una violenza il non capirlo.
Solo perché l’isolamento, facilitato dagli strumenti digitali, assume una coloritura “politica”, non ci si deve abbassare a colpire queste persone. Purtroppo, nella nostra società i diversamente abili sono spesso vittime di dinamiche sociali nocive che, spesso ammantate di buoni propositi, sono difficili da correggere.

Scrivo queste righe per cercare di avvisare i giovani proletari e tutti i veri compagni, per non farli cadere in errore. Come è facile prendere a bastona una persona ridotta in sedia a rotelle, così lo sarebbe smentire la visione del mondo pigra, liberale, e finanche un po’ frufru’ dei nostri critici. Sarebbe facile silenziare in poche parole le chiacchiere sugli “opposti imperialismi”, sul “rossobrunismo” e quant’altro, e basterebbe un piccolo, minuscolo, rapidissimo confronto col mondo reale. Ma questo, lo ripeto, sarebbe una violenza, una violenza tanto spregevole quanto quella dipinta prima ai danni dell’immaginario disabile.
La domanda, come agli inizi del Secolo scorso, è sempre quella: “Che fare?”: non già nel grande campo della lotta politica, dove, almeno noi, abbiamo le idee chiare e ben piantate nel terreno, ma in quello più scivoloso e imprevedibile dei rapporti umani, della sensibilità, della salute mentale.

Come Terenzio mi sento di dire “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”. In me quel grido d’aiuto, per quanto ammantato dietro una coltre d’odio e di farneticazioni, tocca qualcosa. Anzi, proprio l’inconsistenza dello sproloquio, il suo procedere incerto, ripetitivo, contenutisticamente vuoto funge da campanello d’allarme: è palese a qualunque osservatore accorto che non sia una mente lucida a comporre ciò, che l’intento non sia la lotta politica. La società liberal-borghese, giunta alla massima decadenza del sistema imperialista, ha fatto proprio i disvalori dell’individualismo, dell’egoismo, dell’indifferenza. Chi si dice rivoluzionario, chi lo è sulla base non solo di analisi e visione del mondo, ma anche nell’intimo della sua umanità, non può che respingerli prima col cuore che con la ragione.
Invitiamo tutti gli uomini di buona volontà, compagni e non, a non isolare gli addolorati critici, a non lasciarli soli nella loro esistenza impietosa, ma a rispondere a questo grido disperato d’aiuto con la solidarietà.

Andate nelle stanzucole dove i critici sprecano le loro fuggevoli esistenze a odiare, come la volpe che guarda il frutto inarrivabile di una vite, una vita che non potranno mai avere. Salite sulla loro piattaforma, dove, in un ribaltamento malsano del monachesimo stilita, si rinchiudono rifiutando il mondo non per ascesi, ma per fobia e insicurezza. Guardateli negli occhi e dite a ognuno di loro “Io ti riconosco. Nonostante il tuo aspetto deforme, la tua condotta riprovevole, la tua mente stravolta e incapace di pensiero razionale, nonostante l’estremo ribrezzo provocato da ogni manifestazione del tuo essere, io so che tu, come me, sei un essere umano”. Vincete la ripugnanza provocata dallo scarso igiene, dai vestiti corrosi dal tempo e da un’incuria non inevitabile, dalle voci squillanti e femminee, e abbracciateli. E, bagnata dalle gioiose lacrime provocate da questa rinnovata vicinanza umana, sboccerà nei nostri critici una piccola piantina, un acerbo, debole e precario baccello d’amor proprio. Non sarà il marxismo-leninismo, ma per questi poveri afflitti è già qualcosa.

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