Ci sono un ex sindacato democristiano, un ex sindacato socialdemocratico ed un ex sindacato comunista in una stanza. Sembra il principio di una barzelletta se non fosse per il fatto che purtroppo è una tragedia greca, ormai arrivata all’ultimo atto. Partiamo dal principio però. Poco dopo l’Unità d’Italia, fu istituito il servizio postale nazionale, le nostre Poste Italiane insomma. Bene o male le Poste sono arrivate alla caduta della cosiddetta prima repubblica svolgendo egregiamente il loro ruolo nazionalpopolare di servizio postale, combinato al pagamento delle tasse e del suo strumento per eccellenza; il risparmio postale tramite il libretto postale ed i suoi buoni fruttiferi. Spedizione, pagamento di beni e servizi ed accantonamento di risparmi sono stati i tre servizi che, nelle azioni degli utenti che ne usufruivano, ma anche in quelle dei postini e dei postali che le hanno diligentemente eseguite, hanno nel bene o nel male unito l’Italia. Creando un sistema unico applicabile da un postale che si trovasse all’ufficio di Cuneo o che fosse trasferito a Melfi. Unendo il modo di operare, si unì anche la realtà lavorativa. Venendo quindi a creare una classe lavoratrice che andava dal postino, all’impiegato postale, passando dal direttore del piccolo ufficio di provincia al magazziniere del centro di smistamento intermedio, consapevole del proprio ruolo sociale e del peso che possono esercitare nei confronti di uno stato borghese che avrebbe voluto tranquillamente distruggere i diritti sociali di una categoria che se li era conquistati nel corso del tempo.

Dopo una serie di conquiste senza precedenti, che hanno portato la classe dei lavoratori di Poste Italiane ad avere dei diritti che i dipendenti postali delle altre parti d’Europa si sognavano, venne la seconda repubblica. Con essa discesero le sue conseguenze: globalismo liberale, cosmopolitismo alienante, atlantismo esasperato, sionismo d’alto borgo, distruzione dei diritti sociali in nome della moneta unica…si “ma de sinistra”!!! Eh si, ricordatevi che tutte queste cose, finché le faceva un partito blandamente teocratico come la Democrazia Cristiana erano “assalti ai diritti dei lavoratori”, ma se lo fa un partito post comunista che ha rinnegato il rinnegabile, beh, si tratta di progresso europeo. E così vennero le privatizzazioni di massa. La trasformazione di Poste in un bazar multiservizi bancari ma anche comunali, svilendo in quest’ultimo caso il ruolo del municipio. Ma affronterò in un altro articolo come il nobile ruolo del servizio postale nazionale sia stato deturpato dal liquame liberale della seconda repubblica. In questo momento voglio che vi concentraste sulla “barzelletta” con la quale ho aperto.

Ci sono questi tre in uno stanzone. Ci sono un centinaio tra postali, postini ed operai postali che hanno già fatto capire attraverso il (finto) democratico mezzo dei social che non vogliono vedere la loro azienda cannibalizzata e data in pasto alla finanza anglosassone. Non vogliono vedere la loro fabbrica postale spolpata dai liberali nostrani per far cassa e foraggiare un guerra ormai finita e persa (per la NATO ovviamente) in Ucraina, né per foraggiare uno sterminio dall’altra parte del Mediterraneo. Eppure, nonostante la maggioranza (forse un po’ troppo) silenziosa si sia espressa, nessuno dei tre esponenti dei tre principali sindacati dice quella parolina magica che potrebbe far tremare la melma liberaloide che ha ordito la privatizzazione di Poste: nazionalizzazione. Ci si oppone a questa privatizzazione. Ed il fatto che questo pronome sia stato ripetuto più e più volte, fa riflettere su come se la privatizzazione sia stata fatta da quelli de sinistra, sarebbe stata fatta digerire meglio ai dipendenti. Ci si oppone formalmente a questa privatizzazione, ma non si fa nulla per ritrattare o quantomeno rinegoziare le percentuali che erano state privatizzate in precedenza ristatalizzandole. Si da un vago accenno ad una possibile socializzazione della gestione di Poste ed ancor più vago allusione ad una futura politica distributista all’interno dell’azienda. Ma niente di più. In definitiva ci si vuole opporre al male, la privatizzazione, ma non si fa alcun accenno alla cura, la nazionalizzazione. Un po’ come se mi lamentassi che ho un tumore ma rifiutassi categoricamente di fare la chemioterapia. Si vuole fare i socializzatori, ma solo proponendo a grandi linee un eventuale progetto, da fare in una non ben data definita, quando ci dovrebbero essere presunte condizioni migliori e di stabilità nazionale. A questo punto, che fare? Un punto socialista italico:

1. Nazionalizzazione in toto di Poste e blindamento costituzionale per evitarne una successiva privatizzazione;

2. Razionalizzazione dei servizi postali, ridando lustro al sistema di consegna che è stato eroso dalla sottrazione di risorse e personale a discapito del settore finanziario speculativo (approfondirò in seguito);

3. Socializzazione dell’azienda. Con sistema di cogestione, ovvero formazione di un Consiglio di Gestione che sia espressione paritetica dei postini, degli operatori di sportello e degli operai postali. Ed in aggiunta un sistema di distributismo aziendale che ridistribuisca gli utili aziendali, non solo alla cerchia ristretta che governa l’azienda, ma a tutti, dal portalettere alla donne delle pulizie, dallo sportellista del comune più a nord d’Italia all’operaio postale che carica la nave che distribuirà la corrispondenza tra le isole dell’arcipelago toscano, al pilota postale che sta atterrando a Pantelleria per consegnare il nuovo libretto richiesto da un abitante dell’isola.;

4. Nell’ottica di una futura democrazia organica socialista dei lavoratori e di tutti i settori lavorativi d’Italia, l’istituzione di un unico rappresentante del settore poste e telecomunicazioni in una camera dei rappresentanti dei lavoratori scevra di collocazioni ideologiche liberaloide ed eletto liberamente dai lavoratori stessi.

Ad oggi le richieste di nazionalizzazione dei postali sono state incanalate dai partiti liberaloidi borghesi. I quali non hanno concluso nulla, volutamente, poiché servono la finanza e non la nazione. Un unico rappresentante, eletto nominalmente dal basso, da tutti i postali avrebbe difeso gli interessi dei lavoratori di Poste. E questa sarebbe successo per ogni settore, se ogni categoria di lavoratore avesse potuto eleggere il proprio delegato in un’apposita camera. Ah già, non vi ho detto come finisce la barzelletta. Ci sono un ex sindacato democristiano, un ex sindacato socialdemocratico ed un ex sindacato comunista in una stanza…e poi escono dalla stanza perché Confindustria nella stanza accanto aveva finito il caviale e qualcuno glielo doveva pur portare.

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