Di Lorenzo Maffetti

La guerra in Ucraina, iniziata il 24 febbraio 2022, ha spostato diversi assi, non solo in Occidente, ma anche nel mondo intero. Per dirla tutta, in Occidente più che “spostato” ha solo confermato quanto era già noto da molto tempo: la genuflessione dell’Unione Europea e della NATO agli Stati Uniti. In Oriente e in altri parti del mondo, alcune delle quali “non-allineate” al diktat americano, altre delle quali semplicemente neutrali, invece, ha portato alla rivalsa la speranza di un globo, o anche solo di un continente, quello europeo, non più a trazione unica USA-Ue, ma multipolare, con schieramenti indipendenti da quelli che hanno imperato indistintamente dal crollo dell’URSS fino ad oggi, come il BRICS, l’asse Russia-Cina e altri paesi, non per forza condividenti la linea dei principali oppositori di Washington. Al di là del dibattito sulle controparti del blocco transatlantico-europeo (per il quale rimandiamo all’opuscolo che potete trovare sul Sito), è bene gettare uno sguardo attento e critico non solo sul ruolo che l’Italia ha avuto in tutto questo marasma, ma anche sulle azioni della classe politica (di due governi, prima il calderone draghiano, ora quello di Giorgia Meloni e del centrodestra) relativamente alla guerra in Ucraina. E per “classe politica” non s’intende, sia chiaro, solo il governo, ma con esso anche l’opposizione. Giornalisticamente parlando, tutti i principali partiti (FdI, Lega, FI, M5S, Pd, ecc.) si trovano sul banco degli imputati. Una premessa si rivela fondamentale: Fare un discorso generale parlando dell’intera “policy makers” non vuol dire generalizzare indebitamente (il che costituirebbe una fallacia logico-argomentativa); questa esigenza è il frutto delle azioni della classe dirigente stessa da quando l’Italia ha deciso di entrare in questo conflitto, recidendo i rapporti energetici con la Russia, in favore dell’aumento delle spese militari, anziché porsi come garante della pace.

Naturalmente, con ciò non si vuole negare che, in poco più di un anno, alcuni partiti abbiano cambiato approccio circa la guerra, come il M5S e, in piccola parte, la Lega (alcuni parlamentari); tuttavia, questi cambi di marcia non sono nient’altro che la prova della mediocrità della classe politica italiana, la quale se da una parte è sfacciatamente in balia delle potenze extra-nazionali (una fra tutte ben nota), dall’altra una frazione della stessa tenta di raffazzonare la propria complicità scegliendo di spiegare le vele nella direzione del vento soffiato dall’opinione pubblica – che, al netto di quanto dicono certi giornalisti, è molto lucida sul tema.

Partiamo dagli albori. Mario Draghi, poco dopo l’inizio della guerra, varò subito il primo pacchetto di armi con un decreto ministeriale, in data 2 marzo 2022; decreto preceduto da un discorso in Parlamento il 1° marzo, con il quale l’ex-Premier era riuscito ad unire maggioranza ed opposizione. La prima discussione in Senato sul tema delle armi, nella logica bellicista, è andata a buon fine; infatti la mozione è stata votata quasi all’unanimità, sia dalle forze di governo che dall’opposizione. L’allora Premier ha tenuto un discorso in Senato, nel quale – dopo il preambolo in sostegno dell’Ucraina e dei cittadini ucraini – ha dichiarato che “L’aggressione – premeditata e immotivata – della Russia verso un Paese vicino ci riporta indietro di oltre ottant’anni. Non si tratta soltanto di un attacco a un Paese libero e sovrano, ma di un attacco ai nostri valori di libertà e democrazia e all’ordine internazionale che abbiamo costruito insieme”. In più, a seguito della spiegazione del piano di aiuti umanitari attraverso materiali, mezzi sanitari e corridoi per sfollati, civili inermi e minori, rincara la dose: “L’Italia ha risposto all’appello del Presidente Zelensky che aveva chiesto equipaggiamenti, armamenti e veicoli militari per proteggersi dall’aggressione russa. È necessario che il Governo democraticamente eletto sia in grado di resistere all’invasione e difendere l’indipendenza del Paese. A un popolo che si difende da un attacco militare e chiede aiuto alle nostre
democrazie, non è possibile rispondere solo con incoraggiamenti e atti di deterrenza. Questa è la posizione italiana, la posizione dell’Unione Europea, la posizione di tutti i nostri alleati. Questa convergenza è anche il frutto di un’intensissima attività diplomatica. Venerdì ho preso parte a un vertice dei Capi di Stato e di Governo della NATO in cui ho ribadito che l’Italia è pronta a fare la propria parte e a mettere a disposizione le forze necessarie. Il giorno successivo, ho avuto un colloquio telefonico con il Presidente ucraino Zelensky, al quale ho confermato il pieno sostegno dell’Italia. Gli ho anticipato la nostra intenzione di aiutare l’Ucraina a difendersi dalla Russia e gli ho ribadito il nostro convinto supporto alla posizione dell’Unione Europea sulle sanzioni”
. Infine, dopo aver messo al vaglio diversi temi, come la postura dell’Italia per far fronte ad una possibile crisi energetica dovuta al taglio dei rapporti con Mosca, Draghi conclude: “L’invasione da parte della Russia non riguarda soltanto l’Ucraina. È un attacco alla nostra concezione dei rapporti tra Stati basata sulle regole e sui diritti. Non possiamo
lasciare che in Europa si torni a un sistema dove i confini sono disegnati con la forza. E dove la guerra è un modo accettabile per espandere la propria area di influenza. Il rispetto della sovranità democratica è una condizione alla base di una pace duratura. Ed è al cuore del popolo italiano che, come disse Alcide De Gasperi, è pronto ad associare la propria opera a quella di altri Paesi, “per costruire un mondo più giusto e più umano”. La lotta che appoggiamo oggi, i sacrifici che compiremo domani sono una difesa dei nostri principi e del nostro futuro. Ed è per questo che chiedo al Parlamento il suo sostegno oggi. Grazie.”
.

Circa gli aiuti umanitari, nessuno – si spera – ha da ridire. Quello ucraino è pur sempre il popolo aggredito, e di diritto – come qualsiasi altro popolo aggredito (sic!) – merita un aiuto civile e sanitario. Ciò che dovrebbe far riflettere il cittadino di fronte a queste dichiarazioni è: A) l’ennesima riconferma da parte della seconda carica dello Stato della sudditanza italiana all’asse NATO-Ue, perdendo nuovamente a tavolino la possibilità di far avere al nostro paese un ruolo diverso da quello del solito, come possibile garante della pace o intermediario per essa tra le potenze in campo; B) che i retori nostrani, sedenti in Parlamento, si avvalgono ancora della retorica che associa questa o quella potenza, che deve essere mediaticamente e militarmente messa al tappetto – in questo caso la Russia -, alle potenze del passato che seminarono terrore in giro per l’Europa e per il mondo intero (i nazisti), con l’intento di indurre il cittadino ad accomunare ad esse la suddetta forza (nemica dei soliti noti), al fine di farlo sentire – illusoriamente – parte di un conflitto alla cui cessazione una nazione democratica (e che “ripudia la guerra”) dovrebbe lavorare, e non fomentare; C) che l’Europa, quanto a democrazia, sovranità, diritti, libertà, diplomazia e rispetto di tutte queste condizioni, sia un paradiso terrestre, secondo lo schema Occidentale; D) per ultimo, che – in virtù di questa concezione “europocentrica” – qualsiasi attacco agli interessi geo-strategici europei (e statunitensi) debba essere presentato attraverso lo schema manicheo del personaggio buono di nome Europa e dell’antagonista super-cattivo, in questo caso chiamato Russia (ma in altre circostanze chiamato Afghanistan, Iraq, Siria, Serbia, ecc.). Alla dichiarazione di Mario Draghi ha preceduto quella di Sergio Mattarella, il giorno dopo l’apertura del conflitto russo-ucraino. Egli ha dichiarato che “Una nuova tragedia si è abbattuta sull’Europa, con violenza. E non su un solo Paese ma sull’intera Europa, mettendo in pericolo pace e libertà. Questo riguarda ciascuno di noi”; ed anche che “Non possiamo accettare che la follia della guerra distrugga quello che i popoli dell’Europa hanno costruito. Non ci si è limitati a risollevarsi dalle guerre fratricide del passato, ma è stato fatto un grande sforzo per realizzare un mondo di reciproco rispetto e collaborazione. Un mondo che non intende veder calpestati i princìpi della convivenza” , ha evidenziato Mattarella. E ha aggiunto: “Gli europei non si piegano alla violenza della forza: oggi si tratta dell’Ucraina e domani non si sa di quali obiettivi”. Come si nota dalle prime parole dichiarate, l’Ucraina – nella logica di Mattarella e dei “leaders” occidentali – veniva già presentata come “europea” , al netto delle profonde differenze culturali all’interno della stessa ucraina, delle quali occidentali e oligarchi gialloblu non si preoccupano, pur di tessere la loro fittissima rete di accordi. “Pace e libertà” , i valori che, secondo il Nostro, l’Occidente avrebbe costruito, stando ai fatti, sembrano essere privilegio dei soli paesi occidentali, mentre dalla fruizione di questo “privilegio” sono tagliati completamente fuori tutti quei paesi extra-europei che intendono costruirsi un futuro a partire dalla propria libertà di essere indipendenti da qualsivoglia potenza che tenti di assoggettarli. Dopo il primo pacchetto di armi inviato il 2 marzo 2022, il governo Draghi ne ha inviati altri quattro – per un totale di cinque -, datati 22 aprile, 10 maggio, 26 luglio e 7 ottobre. In questa sede non verranno messi al vaglio gli altri quattro pacchetti, previe dichiarazioni dei politici e dei media, già note al pubblico, perché quanto sopracitato può bastare per comprendere che la linea su cui si è mossa l’Italia dal 24 febbraio 2022 fino ad oggi (dunque dal governo Draghi fino al governo Meloni) sia la medesima. Cambiano alcuni componenti del governo, ma la sostanza resta la stessa.

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