Di Leonardo Bellucci

Lo scorso 24 febbraio è scoppiata una guerra che non solo è un “conflitto in Europa”, ma si tratta addirittura di una conflagrazione che è destinata a ridisegnare i rapporti USA-Russia.

La Russia infatti che ci piaccia o meno è (ancora) una potenza mondiale, di conseguenza ha una sua sfera d’influenza e dei suoi “paesi satelliti”, proprio come gli USA.

Con lo scoppio del conflitto era inevitabile un coinvolgimento indiretto dei paesi satelliti dell’una o dell’altra potenza, con inevitabili ripercussioni sui loro teatri di sfida, come il Caucaso.

In particolare questa sfida vede coinvolti in primis Armenia, ed Azerbaijan, i due stati che nel 2020 si fronteggiarono in un violento conflitto, in cui l’azerbaijan ha addirittura avrebbe fatto uso a detta dell’Armenia, di bombe a grappolo e bombe al fosforo, spalleggiati pure da niente meno che da Erdoğan e da Israele, il tutto con la muta complicità dell’occidente.

In quel conflitto, i russi, pur avendo formalmente “difeso” gli armeni, loro storci alleati, hanno comunque avuto un importante ruolo di mediazione, in quanto hanno mandato le loro truppe in funzione di “peace keeping”.

Con la guerra, le truppe russe presenti sono state spostate in Ucraina, e l’Azerbaijan un mese fa ne ha approfittato per violare il cessate il fuoco ed occupare un villaggio armeno in Artsakh.

Questo ha scatenato una polemica tra Baku e Mosca, in cui il governo azero non solo ha ribadito non solo l’occupazione del già citato villaggio.

Non è la prima volta che il governo di Alyev, fedele alleato di Erdoğan ed Israele, attua violazioni del cessate il fuoco.

Stavolta, c’è di diverso che le reazioni russe sono state immediate e forti, addirittura un deputato russo della Duma ha proposto l’uso di armi nucleari tattiche contro l’Azerbaijan.

La cosa fa particolarmente riflettere sull’andamento della guerra in Ucraina, se pensiamo che il 22 febbraio, ovvero all’indomani dello scontro russo-ucraino, il presidente dell’Azerbaijan, Alyev si recò a Mosca con la coda tra le gambe e le orecchie basse da Putin, con l’intento di elevare le relazioni russo-azere, in quanto spaventato dalla presunta forza militare russa.

La disillusione circa la sopravvalutata forza militare russa, ha fatto sì che non solo l’Azerbaijan potesse adottare questo tipo di comportamenti verso l’Armenia, ma addirittura, ha indotto la nazione armena ha chiedere una serie di colloqui con la Turchia, in cui la patria di Tigran si è detta disponibile nel riconoscere l’intero territorio di Artsakh all’Azerbaijan,

Lo scopo di questo comportamento da parte armena, sta nella consapevolezza che i russi non si sono affatto scomodati per difendere Artsakh, e gli armeni sono ben consapevoli che in caso di nuovo attacco turco-azero, unito ad una prolungata situazione di stallo russa in Ucraina (come sta avvenendo), Mosca, svenderebbe non solo la già citata regione di Artsakh, ma addirittura l’intero territorio Armeno ai turchi.

D’altro canto, per la Turchia, la Russia è sempre stata un incognita, infatti ha sempre avuto un atteggiamento ambivalente nei suoi confronti, Ankara è consapevole che la Russia è un attore di enorme importanza globale, tuttavia non si addice a il modus operandi di un impero quello di stringere accordi troppo viscerali con altre nazioni specie se si tratta di altri cosiddetti imperi, tuttavia i turchi hanno sempre voluto mantenere relazioni tutto sommato buone con Mosca.

A dimostrazione di questo, vi è il fatto che la politica estera turca, durante il conflitto tra Russia e Ucraina, è stata così equilibrata da essere elogiata sia dagli ucraini che dai russi, erdogan ha come preoccupazione quella che la Turchia possa essere in qualche modo troppo “schiacciata”, o da Mosca oppure dagli americani, sempre più impegnati nella loro manovra di strangolamento verso la Russia.

Per la Turchia una delle principali preoccupazioni sulla tenuta delle relazioni turco-russe è non solo la questione caucasica ma per esempio anche l’influenza sul Mar Nero, che in caso i russi riuscissero a prendere Odessa, si trasformerebbe in una sorta di “lago russo”, oppure in Libia, Siria fino all’Asia centrale.

Ci teniamo a tenere informati i nostri lettori che la Turchia è inoltre il principale stato che cinge l’Italia da Est e da sud un eventuale cambiamento o rinculo dello stato altaico potrebbe innescare una serie di meccanismi del tutto nuovi e che ci riguarda da vicino specialmente nelle nostre sfere di influenza ormai sottratte e de facto sotto controllo turco come l’Albania.

Tornando a parlare del Caucaso, uno dei più importanti fattori di crisi è quello riguardante le materie prime, ricordiamo che l’Italia ha annunciato un raddoppio del passaggio del gas proveniente appunto dall’Azerbaijan, favorendo in tal modo una interdipendenza tra il nostro ed il nostro paese e quello azero, dunque la situazione poggia su un delicatissimo equilibrio, poiché un ulteriore aumento dei prezzi potrebbe gettare nel caos l’intera regione caucasica, e nello stesso tempo rende l’Italia più “ricattabile” da Erdoğan ed Alyev.

Tuttavia, l’occasione di usare il gas azero come arma di ricatto, si tratta di uno scenario non probabile, almeno nel breve periodo, la Turchia sta attraversando un momento molto difficile dovuto all’inflazione.

Per il momento, la Turchia è dunque più interessata a estorcere delle concessioni a Mosca in scacchiere lontano da quella ucraina, come in Siria, (trovate già una serie di 3 articoli sulla pagina IG di SOCIT, dove spieghiamo i rapporti di forza tra Russia e Turchia nello scenario siriano).

Tanto che nello stato mediorientale le azioni russe si sono ridotte, mentre la Turchia ha ripreso a bombardare regolarmente postazioni curde in Siria specialmente ad ovest ed a Est dell’Eufrate.

Anche se per onor del vero va riportato che in caso la Turchia intenzione di avventurarsi in una azione militare seria necessiterebbe di un accordo con il Cremlino.

1 thought on “Il contagio della crisi Russia-Ucraina, Caucaso e Turchia

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